Roma - No alla costruzione di nuove moschee fino a un’eventuale intesa tra Stato e islam mentre, in via transitoria, ogni edificio di culto dovrà essere autorizzato dalla Regione previo referendum tra la popolazione del Comune interessato. A chiederlo è un disegno di legge depositato in Senato dalla Lega Nord e che prevede la creazione di albi degli imam. Il testo si basa sull’articolo 8 della Costituzione che stabilisce che i rapporti delle confessioni religiose con lo Stato siano regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze. A smorzare i toni ci pensa invece la Cei ricordando che la libertà religiosa è sancita dalla Costituzione, per quanto debba essere regolamentata dalla legge.
"Il diritto di esercitare una fede non è messo in discussione, ma altra cosa sono gli edifici di culto che hanno un impatto sul territorio", ha spiegato il vicecapogruppo del Carroccio Sandro Mazzatorta. "Tutti a parole dicono di voler disciplinare la materia, ma nessuno fino a oggi ha avuto il coraggio di farlo", ha aggiunto l'esponente leghista. Da qui i dieci articoli proposti dai lumbard. Il Carroccio si pone il problema di regolare in concreto la presenza di comunità molto numerose che rivendicano a vari livelli il mantenimento di una loro identità culturale e religiosa contrapponendosi alla nostra.
Il fatto stesso che all’interno di numerose moschee italiane siano state segnalate pericolose contaminazioni di matrice fondamentalista e concrete attività terroristiche ha spinto la Lega a non perdere tempo e lavorare per una disciplina legislativa che "garantisca l’integrità della sovranità statuale e l’ordine pubblico e la sicurezza stessa dei cittadini". Secondo Mazzatorta, infatti, c'è il "fondato sospetto" che "spesso la moschea sia anche un luogo 'militare' e le cronache quotidiane sono piene di fatti raccapriccianti".
In via transitoria, le Regioni potranno autorizzare comunque i luoghi di culto. Per ottenere il permesso, la confessione religiosa dovrà presentare domanda alla Regione "corredata del progetto edilizio, del piano economico-finanziario con indicazione anche degli eventuali contributi pubblici richiesti e dell’elenco degli eventuali finanziatori italiani o stranieri". L’edificio "deve avere dimensioni stabilite in rapporto al numero degli aderenti alla confessione religiosa che lo ha presentato". Il progetto sarà, quindi, trasmesso al sindaco del Comune in cui sorgerà l’edificio e potrà essere autorizzato dalla Regione solo previo referendum. Saranno sempre le Regioni a dover provvedere alla redazione del piano di insediamento dei nuovi edifici "tenendo conto del numero di immigrati legalmente residenti". Il piano poi andrà trasmesso al ministero dell’Interno e aggiornato ogni cinque anni. Nel ddl non mancano tutta una serie di paletti che puntano a garantire la sicurezza dei cittadini: non potrà esserci nel raggio di un chilometro un altro edificio di culto diverso (per esempio una chiesa); sarà vietata la diffusione con altoparlanti della preghiera del muezzin; i Comuni potranno individuare aree in cui sarà vietato costruire moschee.
Le confessioni devono essere organizzate secondo statuti conformi ai principi dell’ordinamento giuridico. Statuti che dovranno essere approvati dal ministero dell’Interno e dalle Camera. Non solo. Per i ministri del culto, i formatori spirituali e le guide di culto il ddl prevede un apposito registro, un sorta di "albo" che sarà gestito dal ministero dell’Interno: per l’iscrizione sarà necessario avere la cittadinanza italiana e non avere condanne a carcere passate in giudicato. A questi sarà vietato lo "svolgimento di attività non strettamente collegate all’esercizio del culto negli edifici autorizzati", comprese "le attività di istruzione e di formazione e le attività culturali e commerciali". Ma sarà, soprattutto, vietato l’uso di lingue diverse da quella italiana in tutte le attività pubbliche che non siano strettamente collegate all’esercizio del culto e l’abbigliamento dovrà consentire l’identificazione della persona.
A rispondere indirettamente alla Lega Nord ci pensa monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Cei.
"La costruzione di una moschea - spiega Crociata - risponde al diritto fondamentale della libertà religiosa e di poter disporre di luoghi di culto, ma non essendo la moschea solo luogo di culto, ma anche di aggregazione sociale, deve rispondere anche alle esigenze di vita sociale e comunitaria secondo la nostra comunità civile, la nostra Costituzione e le leggi che in Italia regolano la convivenza".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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