Mostra L’ironia di Migliori è «fotogenica»

«Quando si guarda un mosaico conta l’immagine finale, non le tessere. Allo stesso modo, qui le foto sono solo frammenti del ritratto emotivo di una generazione. Non c’è intento documentario ma l’espressione di un sentimento». Così Migliori racconta percorso e filosofia della sua mostra «Nino Migliori. Il passato è un mosaico da incontrare. Ritorno agli anni Cinquanta», al Vittoriano fino al 5 settembre, in cui ha riunito circa cento scatti realizzati tra il 1950 e 1959 in diverse zone d’Italia, alcuni inediti, nel tentativo di ricordare l’orizzonte, anche umano, di quegli anni. Diviso tra l’«attimo rubato» di Henri Cartier-Bresson e lo stile narrativo di William Klein, l’artista inventa un linguaggio personale incentrato su un’ironia poetica, in taluni casi inconscia, che è pure, forse altrettanto inconsciamente, denuncia, senza dimenticare il virtuosismo della sperimentazione formale che regala un tocco pittorico alle figure. Davanti al suo obiettivo sfilano i volti del Sud, bruciati dal sole e dalla povertà, che sembrano uscire dalle pagine di Verga, e quelli del Nord, dell’Emilia e del Delta, che hanno il sapore di personaggi di Guareschi.

Dalla sequenza di scatti de «L’annegato» in cui a vincere è la violenza dell’onda, all’allegria di un venditore di palloncini, «intermezzo» involontario in una foto di matrimonio, fino ad arrivare ai contrasti esasperati per rendere le forme assolute e intransigenti, con preti colpiti dalla luce nella ricercata metafora di una più alta illuminazione e uomini «scontornati» su sfondi bianchi che ricordano illustrazioni di libri per ragazzi. «Quell’Italia - conclude Migliori - oggi non esiste più, ma a suo modo sa essere ancora attuale». L’ingresso alla mostra è gratuito.

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