Mps-Intesa e la girandola di incontri ai vertici

L’accordo tra Mussari e Guzzetti e il ruolo di Bassanini. L’ipotesi di una holding quotata

da Milano

Incontri e colloqui a ripetizione, uno due a settimana, da qualche tempo. Con un'accelerazione improvvisa a inizio febbraio. Giuseppe Guzzetti e Giuseppe Mussari, anche con la «copertura» di essere uno il presidente, l'altro il vice dell'Acri, si sarebbero visti e sentiti a più battute. Ma non per parlare dell'associazione che riunisce le Fondazioni bancarie. Il tema sarebbe stato qualcosa di molto più concreto: le nozze tra Intesa e Montepaschi. Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo (azionista con poco meno del 10% in Intesa) e Mussari (la Fondazione Mps ha il 49% del capitale ordinario della banca, più il 10% privilegiato) sarebbero scesi in campo sia per valutare la fattibilità finanziaria ed economica dell'operazione, sia quella politica. Avendo, su questo secondo punto, un ampio benestare che, a voler fare dei nomi, troverebbe dietro a Siena l'impegno del senatore Ds Franco Bassanini, dietro a Intesa quello di una larga fetta dell'area Margherita, da Rutelli allo stesso Prodi, notoriamente in ottimi rapporti con il presidente di Intesa Giovanni Bazoli, anche lui della partita.
Oggetti del dibattere: tempi e modi. Sui primi Guzzetti e i suoi vorrebbero fare presto: il nuovo corso del sistema bancario italiano interessa da vicino anche il Crédit Agricole, primo azionista di Intesa con il 15%, che starebbe pensando anch'esso a una proposta di aggregazione. Mussari, invece, frena: forse non si può permettere, a meno di tre mesi dalle elezioni comunali senesi, di sollevare troppa polvere in un tessuto cittadino dove la riduzione di un qualunque grado di libertà per la banca di Rocca Salimbeni è sempre stato osteggiato ad ogni livello. A cominciare dai potenti sindacati della banca stessa. Non a caso, sulla questione, il sindaco Maurizio Cenni tace, mentre il presidente della provincia, Fabio Ceccherini, ha proprio ieri parlato di «opportunità di crescita» mettendole però in relazione al prossimo cda della banca, che verrà nominato in primavera. Dopo le elezioni, dunque.
Sui modi, invece, l'obiettivo di avere un grande gruppo italiano in grado però di tutelare le diverse peculiarità locali sarebbe perseguito con l'ipotesi della creazione di una nuova holding. Come suggerisce per esempio il modello Bpu, i soci di Intesa e quelli di Mps potrebbero conferire, tramite uno «swap ratio» i loro titoli bancari a una newco, quotata in Borsa, sulla base di rapporti prestabiliti e mirati a ottenere, nella newco, un certo ordine. Questo partirebbe da un rapporto tra le capitalizzazioni (ordinarie) di Intesa e Mps grosso modo di 3 a 1, in linea con quello che quota in questi giorni il mercato, dove il capitale ordinario di Intesa vale 29 miliardi e quello di Mps poco più di 10. L'idea, secondo un calcolo che circola negli ambienti bancari dei due gruppi, sarebbe quella di avere, nella holding, il Crédit Agricole al 13,5%, la Fondazione Mps al 12,25%, Cariplo all'8,25%, Generali al 6% e gruppo Lombardo al 4%. La holding avrebbe anche il vantaggio di potersi aprire a ulteriori ingressi. Per quanto riguarda la governance, Siena punterebbe alla presidenza della holding, mentre l'attuale ad di Intesa Corrado Passera sarebbe visto come l'ideale amministratore delegato. Soprattutto per la fama, guadagnata da tempo, di esperto nel contenimento dei costi.

Per il resto le due banche resterebbero separate, non più quotate, ognuna con un suo cda e un management. Dell'eventuale fusione si parlerebbe solo in un secondo momento. Un po' come è accaduto proprio nel modello di Banca Intesa.

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