Munari, l’uomo che giocava con il design

Una mostra ricostruisce il colorato e folle mondo dell’inventore di oggetti a 10 anni dalla sua morte

Munari, l’uomo che giocava con il design

Creativo. Poliedrico. Essenziale. Ecco Bruno Munari, il designer milanese che Roma, a dieci anni dalla morte, celebra con un’antologica allestita all’Ara Pacis fino al 22 febbraio. Una mostra colorata, stupefacente e varia che offre ai visitatori più di duecento opere della giocosa e surreale ma a suo modo geniale produzione munariana attraverso un percorso espositivo che non segue un criterio cronologico o una divisione tematica ma che mette in relazione i differenti linguaggi utilizzati dall’artista. Ci si imbatte allora nella «sedia per visite brevissime», con un’inclinatura a quarantacinque gradi, per passare poi ai libri: l’edizione del 1942 dell'opuscolo Le macchine di Munari, e il volume di metodologia, Il metodo di Munari del 1981; fino ad arrivare ai tanti elementi di designer. Spazio al portaghiaccio da tavola in alluminio del 1955; ai tredici posacenere cubici del 1957, alle ciotole Maldive; al prototipo «Ora X», orologio a funzionamento cromatico dove al posto delle lancette si muovono forme e colori; e poi a diverse lampade: una su tutte la Falkland, di tessuto elastico e dischi di metallo in mostra con i 7 differenti disegni realizzati da Munari per il suo allestimento definitivo.
Il colore poi è senza dubbio un elemento caro al creativo milanese e coloratissime infatti sono le sue «sculture da viaggio», lavori di carta da portarsi dietro per conservare la propria essenza, realizzati a partire dagli anni Cinquanta. Ed è sempre il linguaggio del colore - dal giallo, al rosso, fino al blu - a comunicare attraverso i «libri illeggibili», volumi sprovvisti delle tradizionali parole che fanno spazio a semplice carta colorata.
Ma gran parte dell’universo di Bruno Munari è dedicato ai bambini: ecco allora diversi libri ideati dall’artista per i più piccoli dal 1945 in poi; in più al mondo dei ragazzi è dedicato anche l’abitacolo del 1971. Si tratta di una struttura in acciaio per le camerette, volutamente grigia e spoglia perché punta a essere una macchina per la fantasia, un traliccio che il bambino deve modellare e arricchire a suo piacere per farne la sua tana. Questa è un po’ l’essenza del metodo Bruno Munari riproposta anche all’interno dei laboratori gestiti dall’associazione che porta il suo nome e allestiti per tutta la durata della mostra.

Così i ragazzi - dalla scuola dell’infanzia alle medie - attraverso il gioco e in un’atmosfera di leggerezza e spontaneità entrano in contatto con la ceramica, la carta, i colori puntando l’attenzione sulla sperimentazione più che sul prodotto finale.
L'esposizione, curata da Beppe Finessi e Marco Meneguzzo, è aperta dal martedì alla domenica dalle 9 alle 19 e il costo del biglietto è di 8 euro.

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