Quel bisogno di amore dietro le parole di Achille Lauro

Una storia d'amore finita che vince anche il tempo e la distanza. E una mamma che salva. Non solo Lauro, ma anche tanti ragazzi e ragazze

Quel bisogno di amore dietro le parole di Achille Lauro
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Achille Lauro sembra un duro. È il guascone che - stando a certi racconti tutti rispediti al mittente dai diretti interessati - avrebbe sottratto Chiara Ferragni a Fedez. Ha il look anni trenta dei gangster, con un gessato pesante, e i tatuaggi old school. È l’immagine, almeno sulla carta, dell’uomo che non deve chiedere mai. Del resto nel 2020 aveva portato “Me ne frego” (e meno male che non l’ha fatto quest’anno altrimenti si sarebbe beccato pure del fascista) mentre l’anno prima “Rolls Royce”, un inno alla droga secondo alcune interpretazioni dei benpensanti.

Sembra giochi a fare il macho, Achille Lauro, però poi scrive “Incoscienti giovani”, una canzone d’amore composta non si sa per chi. Si sa solo che è una ragazza di Roma che lui ha tanto amato in un tempo che sembra lontano. “L’amore è come una pioggia sopra Villa Borghese - canta - E noi stiamo annegando, naufragando è un romanzo”. C’è lui che torna a casa e non trova il suo più grande amore, S, che ieri ha scritto ai giornalisti: “Eravamo molto giovani quando ci siamo innamorati. Io vivevo da sola con mia madre, e lui veniva spesso da noi”. È il primo tassello di questa canzone. Anzi: di questa storia. Perché nulla è come sembra. E così scopri la storia di una ragazza cresciuta senza un padre (“l’hai visto solo di schiena”) e di un amore nato troppo presto che si è consumato in fretta. E, soprattutto, di un legame che è rimasto anche quando tutto è finito. E che si è rafforzato quando il cantante era costretto a dormire in macchina (una Peugeot 206 grigia). E poi la scrittura che serve per buttare fuori. Che è catartica. Scrive per sé Lauro, per ammazzare i propri demoni. Ma parla a tutti noi. Perché tutti noi abbiamo avuto nella nostra vita una S.

“Non scorderò mai quello che è stata la nostra adolescenza incosciente e sarò sempre innamorata di quel ragazzino sognatore”, racconta la ragazza a distanza di anni ri-promettendo al cantante tutta se stessa. Anche se ormai non c’è più e chissà che fine ha fatto. Anche se le strade che hanno preso sono ormai divise. Come loro. “Amore mio veramente / Se non mi ami muoio giovane”, canta Lauro mentre cerca S. ovunque: “Ti chiamerò da un autogrill / Tra cento vite o giù di lì / (...) Se non ti amo fallo tu per me / Ti cercherò in un vecchio film”. E l’amore che non c’è, che dura il tempo di una sigaretta per due “orfanelli alla roulette”. Che sognano un amore diverso da quello dei loro genitori (“A dirsi mai una vita come i tuoi / Sì piuttosto disperati come noi). Un amore vero. Che brucia.

Ma non è solo questo. Perché “le canzoni a volte non sono solo semplici canzoni”. E allora è la mamma di Lauro, l’altra donna della sua vita, a spiegare le mattine impiegate per scrivere. Paure, ricordi, amori e dolori. In una casa dove si accoglievano figli che non erano i suoi e che arrivavano da famiglie difficili. “È cresciuto insieme alle ragazze di strada, ricordo quando andavo di notte sui marciapiedi con Don Giovanni a convincerle a scappare da quella vita e a trovare un posto sicuro, e molte volte, restavano a casa nostra. È cresciuto con i suoi amici, ragazzi con famiglie inesistenti, errori alle spalle, rabbia dentro”.

Ma, ancora una volta, torna al centro di tutto l’amore: “Nonostante tutto quello che abbiamo passato, Lauro ha riconosciuto quel faro e ha imparato l’unica cosa che conta realmente: l’importanza di amare e il bisogno di tutti noi di essere amati.

Se quei ragazzi non avessero conosciuto l’amore, incluso mio figlio, forse si sarebbero persi in cerca di quell’amore che non avrebbero mai trovato”. Perché alla fine, forse, bisogna essere un po’ incoscienti e un po’ giovani per perdersi. Ma, soprattutto, per ritrovarsi. E per ritrovare l’amore.

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