Bentornato Ligabue, più di trent`anni fa cantava Non è tempo per noi. La sfiducia è sempre la stessa?
«Sì ma oggi provo meno amarezza».
Perciò il suo nuovo disco di intitola Dedicato a noi?
«È un "noi" difficile da decifrare».
Ci provi.
«Per me è trasversale, è un insieme di persone che condividono gli stessi valori».
Di destra o di sinistra?
«Non me ne frega nulla di destra e sinistra».
Luciano Ligabue parla del suo nuovo disco Dedicato a noi seduto su di un divanetto della Warner in centro a Milano. È rilassato e magrissimo, i capelli forse più lunghi del solito e sfoggia il sorriso di chi non ha mai smesso. Da oltre trent`anni è senza sosta: questo è il suo quattordicesimo disco in studio (ma ci sono anche live, colonne sonore e raccolte), ha scritto sette libri (7 è il suo numero fortunato) e solo tre film (media bassina, c`è bisogno di alzarla) ma ha inanellato una quantità incalcolabile di concerti ovunque, dalla Rocktober Fest di Alessandria a San Siro, dai piccoli club all`estero fino alle gradinate dell`Olimpico. È diventato un simbolo, il Liga, è una sorta di artista resistente alle mode perché è diventato lui stesso una moda, con un pubblico che più fedele non si può. Gli basta annunciare due concerti a bruciapelo, senza neanche un nuovo disco da presentare, e riempie gli stadi di Milano e Roma. Il tutto con quella vociona «da orco», come ha detto una volta, e quelle parole che trasformano anche lo sterminato Campovolo in un minuscolo Bar Mario nel quale confidarsi tra amici. E ora, da analista di una generazione, fa il punto in queste nuove undici canzoni con lo stesso filo conduttore che tutti, nel nostro piccolo, cerchiamo. L`antidoto alla solitudine.
Ma ha ancora senso fare un intero disco?
«Io non riesco a farne a meno».
Oggi funziona soprattutto il singolo brano, come a inizio anni Sessanta.
«A dirla tutta, la "canzone a sé", mi piace. Ma soltanto con un disco intero riesco a esprimere ciò che voglio esprimere».
Lo riassuma in due frasi.
«Siamo tutti in una sorta di isolamento e ho bisogno di pensare che esista ancora un noi».
È uscito da Correggio nel 1990 dicendo che «non è tempo per noi e forse non lo sarà mai».
«Rispetto ad allora probabilmente stiamo peggio. Prenda questo inizio di decennio. Mai vista una cosa del genere, probabilmente è il peggio che uno della mia età possa ricordare: una pandemia, una guerra, il disastroso cambiamento climatico, una cronaca sempre più nera. Però...».
Però?
«Abbiamo l`età per rimboccarci ancora le maniche e fare qualcosa in un periodo nel quale, paradossalmente, riusciamo ad avere paura di qualcosa ma pure del suo contrario».
«La paura che cambi tutto quanto e che niente cambierà». «Paura che non esista dio, paura che esista dio».
«Diciamo che in questo brano, ossia Chissà se Dio si sente solo, rifletto sul fatto che, se Dio ci sta guardando, non sta guardando un bello spettacolo».
Forse è meglio riderci su. Il primo singolo del disco è stato Riderai.
«Ma il brano più ironico è Musica e parole».
Se la prende con i social: «Tirami fuori tu da questo angolo di m... dove gli schizzi arrivano a tutti e la memoria è sempre più corta».
«Ma ironizzo anche sulla politica. "C`è la campagna elettorale, io vado in campagna e basta, statemi bene tutti, il tempo si guasta"».
Ormai è un sentimento sempre più diffuso.
«Il "noi" a cui faccio riferimento è quello che unisce chi rispetta la natura, chi conserva la convivenza civile, chi pensa che ci sia sempre "una canzone per gli ultimi". Sono valori cristiani, spesso presi dalla sinistra, ma destra e sinistra è una distinzione che non mi interessa più».
Il 9 ottobre ritorna all`Arena di Verona per due concerti e poi di nuovo nei palasport fino a dicembre.
«E stavolta cambierò la scaletta spesso, ho voglia di divertirmi sul palco. Farò ovviamente un po` di brani di Dedicato a noi. Ma ripescherò anche nella memoria».
Ad esempio?
«Sarà un bel souvenir».
Dove trentadue anni fa cantava: «Cambiato per niente ma neanche scontento».
«Appunto».
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