Mussi ancora contestato dagli studenti

A Bologna il ministro accolto dagli universitari cattolici con uno striscione a difesa della legge 40. Come a Milano pochi giorni fa

Claudia B. Solimei

da Bologna

L’ex ministro dell’Istruzione Letizia Moratti non poteva quasi avvicinarsi a un ateneo senza incorrere in proteste e contestazioni di gruppi legati alla sinistra, tutti schierati contro la sua riforma. Oggi sembra che lo stesso destino tocchi al neoministro dell’Università e della Ricerca Fabio Mussi, del correntone Ds: ieri mattina il ministro, ospite dell’Università di Bologna, è stato salutato dalla contestazione di un gruppo di studenti vicini a Comunione e liberazione: «Brutto affare un ministro contro la volontà popolare» recitava lo striscione innalzato alla fine dell’incontro «La ricerca universitaria al servizio del Paese» che si è svolto nell’aula magna dell’Alma mater e che è stato concluso da un intervento dello stesso Mussi. Nel mirino della protesta degli studenti cattolici l’atto del ministro che, alla sua prima uscita nell’Unione europea, aveva ritirato la firma dell’Italia dalla «Dichiarazione etica», la moratoria alla ricerca sulle cellule staminali embrionali che era stata sottoscritta dal governo Berlusconi insieme agli esecutivi di Austria, Germania, Polonia, Slovacchia e Malta. Secondo gli studenti, una decisione in aperto contrasto con la legge 40, quella che regola l’aborto, passata al vaglio del referendum sulla procreazione assistita soltanto l’anno scorso. Il ministro, che non ha reagito in alcun modo alla provocazione, nel suo intervento, pochi minuti prima aveva fatto soltanto un accenno alla questione, meravigliandosi dello «scalpore» suscitato dalla sua «modesta decisione di ritirare un veto». Un passaggio del discorso che ha suscitato gli applausi della maggioranza della platea. Ma la revoca di quella firma aveva ricevuto critiche anche dalla Margherita e dall’Udeur, le componenti cattoliche dell’Unione.
Un prologo alla contestazione di ieri a Bologna si era avuto all’Università Statale di Milano qualche giorno fa, era il 20 giugno. Anche allora vennero srotolati degli striscioni da un gruppo di studenti cattolici: «Un ministro della Repubblica non può calpestare la volontà del popolo italiano» e «Onorevole Mussi, tutti noi eravamo un embrione». In quell’occasione, anche altri studenti vicini ad Alleanza nazionale avevano contestato il ministro e sempre per la stessa questione.
Protesta a parte, nel corso del convegno di ieri a Bologna, Mussi ha annunciato che in dieci anni il governo Prodi intende di mandare in pensione «trentamila docenti universitari, il 47 per cento del totale», ha fatto i conti. Con quei risparmi, ha proseguito il ministro, «contiamo di avere un’ondata di ricercatori». In Italia, ha quindi proseguito, un po’ scherzando e un po’ no, l’età media dei ricercatori, 46 anni, è una «cosa che è in contrasto con la neurofisiologia, dato che l’età delle curiosità e della scoperta è tra i 20 e i 30 anni».

Secondo Mussi, la responsabilità del ricambio scarso che caratterizza il mondo universitario italiano è anche della sinistra: «La colpa non è solo del governo che ci ha preceduto, ma anche di quello ancora precedente, che ha istituito il blocco del turn over negli istituti di ricerca, una burocrazia che sbarra le porte ai nuovi arrivi nel mondo delle ricerca».

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