Muti seduce con i giovani della Attersee

Marcello De Angelis

da Salisburgo

Riccardo Muti - da anni nell’albo d’oro del Festival - non si risparmia. Dal podio del Flauto magico, giunto alle ultime acclamatissime repliche, è passato a quello dei giovani componenti della Attersee Orchester per un concerto alla Felsenreitschule all’interno della rassegna (in scena dal ventidue a ieri) dedicata a formazioni in erba ma ampiamente rodate come la Philharmonic der Nationen e la Junge Philharmonic Salzburg. Qualche malessere di stagione, combattuto a suon di antibiotici, non ha impedito a Muti di onorare il doppio impegno in coda al Festival. «Mica male questi ragazzetti», ha detto il maestro nelle poche battute scambiate in tono confidenziale. Altro che, confermiamo dopo averli sentiti nella matinée in pagine tutt’altro che di facile lettura, salutate al termine da un uragano di applausi e richieste di bis.
Dopo il paziente lavoro preparatorio, durante il quale il maestro ha smussato asprezze timbriche, modalità di fraseggio e ingenuità di portamento, la resa fonica delle partiture è stata perfetta, a cominciare dalla iniziale Notte sul Monte Calvo di Musorgskij per finire con la Quinta sinfonia di Sciostakovic, passando attraverso il Poema dell’estasi di Skriabin. Un filo rosso con la Russia. Naturale il gioco di parole ma tutt’altro che agevole indovinare i colori giusti. Di qui il senso preciso dell’interpretazione, che rende al meglio le gradazioni timbriche adeguate ai contenuti, fondamentalmente diversi, malgrado la comune area di riferimento.
Con disinvoltura i ragazzi sono passati dalla massiccia asciuttezza della Notte sul Monte Calvo alle inquietanti trame del Poema dell’estasi. Qui Muti ha esaltato con impressionante efficacia espressiva i lampi visionari di Skriabin che, mentre guarda al contemporaneo descrittivismo francese di Debussy indovina gli estri ritmico-timbrici dello Stravinskij di L’uccello di fuoco.
Le intenzioni di Muti, trasferite nell’organico della Attersee, hanno contribuito a restituire con la dovuta scioltezza di fraseggio e i sufficienti respiri la granitica Quinta sinfonia di Sciostakovic.

Ma qui nell’orchestra, debitamente rinforzata, compaiono alcuni «anziani» che hanno reso più solida la lezione interpretativa di questi provetti ragazzi. I quali, con il loro direttore, si sono meritati di passare a pieni voti l’esame del difficile pubblico del festival.

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