Napoli smaltisca anche la «munnezza» amministrativa

Scusa, caro Paolo, ma perché ci preoccupiamo tanto dei rifiuti a Napoli e nel Napoletano? Non sono forse proprio i napoletani, cittadini e del contado, a essersi volutamente cacciati (i motivi non mi interessano) in questa situazione e, per il vero, da un’infinità d’anni? Non sono loro che dovrebbero muoversi per porre rimedio? Per quale mai ragione, in tal modo stando le cose, interviene lo Stato? Perché gli Enti locali sono incapaci o corrotti? Li scelgono loro gli amministratori. Loro vivono piacevolmente - altrimenti, le cose sarebbero da tempo mutate - in quelle condizioni (e non mi riferisco soltanto a rifiuti, ovviamente). Disinteressiamocene e basta!
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Eh sì, i miei amici napoletani stanno tirando un po’ troppo la corda, caro Mauro. Pare che ci godano nel rilanciare ogni due per tre la loro «emergenza munnezza». Faccenda che comincia davvero a stufare, finendo poi per mettere in cattiva luce (a coloro che l’avevano in buona, e non credo siano la maggioranza) la napoletanità, quel peculiare complesso dei valori, dei costumi e del carattere che è il marchio di fabbrica dei partenopei. E che si traduce nel prendere la vita con filosofia, senza troppi patemi perché tanto, tirate le somme, chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto e tutto s’aggiusta nello scurdammoce ’o passato. Io sono sempre stato della ferma opinione che i guai endemici nei quali si dibatte il Meridione, diciamo pure che l’intera questione meridionale sia dovuta non all’indole dei terroni, tanto per essere chiari; non a antiche ma presunte arretratezze, antichi ma presunti malgoverni e nemmeno, guarda un po’, al regime coloniale postunitario. Il sud non sta scontando colpe se non quella d’aver allevato e nutrito una classe politica inetta, d’aversi sempre scelto amministratori che una volta sistematisi nelle stanze del potere, salvo rare e quasi miracolose eccezioni fecero e fanno tutto, ma proprio tutto, meno che gli interessi della propria terra e dei propri concittadini. Diciamoci la verità: la palla al piede del Meridione è, nel suo insieme, la classe politica meridionale. Una fetenzìa di classe politica. Una àrruina.
La pretesa, molto simm ’e Napule paisà, che sia lo Stato a provvedere all’igiene e al decoro di vie e vicoli di Napoli e dintorni è già di per sé smaccata. Darle ulteriore corpo contribuendo - chi passivamente e chi attivamente - all’accumulo dei rifiuti in strada creando poi difficoltà al loro smaltimento è autolesionismo puro: significa voler alimentare quella fama di scugnizza inciviltà che pesa come un maglio sui meridionali. E rimboccarsi le maniche? E prendere di petto, scrollandoli ben bene, sindaci, assessori, consiglieri comunali, governatori e city manager (Napoli, come Torre del Greco e chissà quant’altri Comuni hanno il loro bravo e ben retribuito city manager e ci si chiede a cosa servano allora i sindaci) perché smettano di fare ammuina o di capeggiare rivolte al grido di «Forza munnezza!»? Non dico la così detta società civile, ma la società punto e basta dovrebbe pur farsi sentire - e pretendere - perché gli eletti dal popolo facciano il loro dovere di retribuiti amministratori, senza piagnucolare su termovalorizzatori non «a regime», su discariche non confacenti all’estetica mandolinista, sul governo che latita, sulla camorra che signora mia, s’è infiltrata fin dentro i cassonetti.

Ma dove s’è visto, se non forse nell’Uganda di Idi Amin Dada, l’esercito intervenire per scortare i camion che smaltiscono la spazzatura? Dove si sono visti cretini che indisturbati e spesso addirittura applauditi danno fuoco ai sacchi della munnezza? E che razza di sindaci sono quelli che permettono tutto ciò? Oh, amici della Campania Felix: li avete spediti voi in Comune, mica gli elettori della Val Brembana. E datevi una mossa, perbacco!
Paolo Granzotto

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