Il fiume avvelenato: viaggio lungo il corso del Sarno

Tra scarichi abusivi, lungaggini e rimpalli di responsabilità, il fiume Sarno continua a morire sotto l'inquinamento. Si attende il Grande Progetto Sarno, tra dubbi e speranze

Il fiume avvelenato: viaggio lungo il corso del Sarno

"Oggi l'acqua è pulita”, afferma un operaio nell’indicarci la strada per raggiungere la località Ciampa di Cavallo. Eppure, a poche centinaia di metri dall’officina dove lavora, l’acqua che andrà ad ingrossare il fiume Sarno si mostra in tutta la sua torbidezza nell’Alveo Comune Nocerino. L’affluente artificiale di uno dei fiumi più inquinati d’Europa attraversa in quella zona le campagne di San Marzano sul Sarno. I famosi pomodori locali usati per i pelati, che dalla città di origine hanno preso il nome, in questo periodo lasciano il posto ad altre coltivazioni. Sotto il ponte di via Marconi, dove l'alveo assume la forma che gli ha dato il nome (quella di un ferro di cavallo), fino a 20 giorni fa un tappo di rifiuti ostruiva il percorso del fiume. In quel punto, la Solofrana ha già incontrato il torrente Cavaiola - gli affluenti principalmente portatori di sostanze tossiche nel Sarno - e l’acqua fluviale, che scorre dal comune di Nocera Inferiore attraverso quel canale artificiale, già non è più limpida come alla sorgente.

Interventi lumaca

"Noi camminavamo sull’acqua”, racconta Eugenio Lato, rievocando l'iniziativa organizzata ad aprile a Ciampa di Cavallo dall'associazione di cui fa parte, Fronte Civile-Stay Angri. Sul corso d’acqua si era formato un letto di plastica. Circa 50 i volontari che si misero al lavoro: in una giornata rimossero 2 quintali della plastica che aveva finito per occludere con altri rifiuti il canale bloccando tutto ciò che galleggiava. Il 4 ottobre scorso, a distanza di 6 mesi da quell'evento, il Consorzio di Bonifica completò l’opera di disostruzione: ci vollero diversi giorni per rimuovere quel tappo di rifiuti che ingombravano gli argini e il corso d’acqua. Un intervento di somma urgenza ottenuto – sottolinea Lato – “dopo tanti solleciti, dopo tanti sit-in, sia nel Consorzio di Bonifica che nella Regione Campania”, e in seguito a una denuncia sporta dal sindaco di San Marzano sul Sarno, “a cui – precisa - gli altri sindaci del comprensorio (di Scafati, Angri, e Sant’Egidio) non hanno voluto partecipare”. “E al danno si è aggiunta anche la beffa – poi afferma - questa azione in somma urgenza del Consorzio di Bonifica è stata fatta in danno al Comune di San Marzano. Quindi loro sono venuti qua, hanno speso 100mila euro circa, hanno prelevato sia le sostanze superficiali, sia parte del sedime dell’alveo, però hanno poi fatto causa al Comune di San Marzano perché questi lavori sarebbero stati eseguiti in danno del Comune di San Marzano”. Uno spreco di denaro che si potrebbe evitare - secondo Eugenio Lato - indicando con maggiore chiarezza le responsabilità di ciascun ente: “Ci indichino per iscritto chi deve occuparsi della pulizia, così possiamo agire noi e programmare azioni più mirate, in un tempo più veloce e spendendo meno, perché non aspetteremmo due anni per arrivare a certe condizioni catastrofiche”.

Lo scaricabarile degli enti competenti

Risolvere i problemi riguardanti il fiume Sarno significa cacciarsi in un ginepraio. Sono tanti gli enti preposti a intervenire, e troppo spesso si assiste a uno scaricabarile di responsabilità. Oggi il tappo che nell’Alveo Comune Nocerino bloccava il fiume non c'è, ma l'acqua rimane scura e melmosa. Ad occhio nudo, dal ponte di Ciampa di Cavallo, si vedono perennemente delle chiazze defluire verso valle. Intanto, numerose rane gracidano e dei grossi topi si muovono cercando da mangiare. La colorazione dell’acqua è di un anomalo marrone, ma può capitare che vari dal rosso, al verde, al blu, a seconda di ciò che viene sversato illegalmente. Cromo, tetracloroetilene, mangenese, ferro, sono alcune delle sostanze rilevate negli anni su campioni prelevati nel fiume e nei suoi affluenti. “Il problema è poi individuare le responsabilità”, sostiene il sindaco di Scafati, Cristoforo Salvati, che racconta di una multa comminata dal Consorzio di Bonifica nel 2009 per uno scarico trovato nel suo comune e rimasta fino ad oggi insoluta: “Non è stata pagata da nessuno e abbiamo ancora la fattura”. Ad agosto scorso, a Scafati, in seguito a un esposto di un assessore comunale, i tecnici dell’Arpac rilevarono nel controfosso destro del fiume Sarno quantità in eccesso di manganese. Rilievi furono effettuati anche nel canale Rio Sguazzatoio, e permisero di scoprire elevate concentrazioni di ferro. “Lì insistono una serie di fabbriche. Noi abbiamo fatto dei controlli, gli inquinanti venivano dal sottosuolo, probabilmente – ipotizza il primo cittadino - c’era qualche scarico che andava direttamente in una fogna e, poi, scaricava nel controfosso destro. Però non è facile individuare le responsabilità specifiche”. “È necessario avere dei riferimenti – sostiene Salvati - perché c’è una giungla legislativa, e una serie di enti preposti, pertanto molto spesso abbiamo avuto anche difficoltà con gli enti con cui interloquire”. Per superare le difficoltà, con i sindaci di altri comuni toccati dal Sarno ha istituito una conferenza. In quella convocata una ventina di giorni hanno deciso di chiedere un incontro in Regione Campania all’assessore al ramo, Fulvio Bonavitacola. Vogliono vedere il vicepresidente della Regione Campania per “chiarire le priorità, perché sul Sarno - dice Salvati- oltre alla questione inquinamento c’è anche il rischio idrogeologico”. Ma sono ancora in attesa di una risposta. Dopo decenni di sversamenti di veleni, si è ancora al punto in cui bisogna definire le priorità nella risoluzione dei problemi riguardanti il Sarno. E occorre pure aspettare. “È necessaria una sinergia tra gli enti preposti”, ritiene il primo cittadino.

Il Sarno ancora cloaca di molti Comuni

A Scafati il fiume taglia in due il centro abitato e lo appesta con una puzza persistente di fogna. “Io abitavo qui, ma me ne sono andato a vivere in campagna”, riferisce un pensionato. Mentre parla, fermo lungo il ponte che permette di attraversare il fiume, la puzza è molto forte e sull’acqua scura e maleodorante del Sarno galleggiano della schiuma bianca e contenitori di polistirolo svuotati da qualche contadino. Alla sua sinistra c’è il Comune, alla sua destra la piazza principale e la chiesa di Santa Maria delle Vergini. Un tempo, quando il fondale del fiume ancora si vedeva, Scafati la chiamavano “la Piccola Venezia”. La città si è sviluppata lungo le rive del fiume. Ma da circa 40 anni il fiume rappresenta solo una fonte di disagi. “Qua ci sono le fabbriche di pomodori e nei mesi luglio e a agosto c’è una puzza enorme, sono due mesi in cui per Scafati non si può passare per la forte puzza”, raccontano i residenti. Ad inquinare il Sarno, però, non sono solo gli scarichi abusivi di industrie e aziende agroalimentari. Nel corso d’acqua finiscono anche i reflui fognari non depurati di molti comuni che ancora non risultano dotati di sistemi di collettamento delle acque reflue. “Oggi a Scafati – racconta Luigi Lombardi del Comitato Scafati a Difesa del Sarno - esiste un depuratore, però raccoglie solo i reflui di Sant’Antonio Abate. Siamo in attesa del completamento della rete fognaria, i cui lavori procedono molto lentamente. Nel frattempo si sta completando anche il collettore, che dovrà collegare la rete fognaria al depuratore di Scafati. A Pompei la stessa cosa, si sta realizzando un collettore. Ancora per troppe città presenti lungo il corso del fiume, gli scarichi fognari finiscono direttamente nel fiume senza trattamento alcuno, in un regime di totale illegalità, perché la legge prescrive tutt’altro e la comunità europea ci impone tutt’altro”. Una petizione promossa dal suo comitato e indirizzata nel 2017 agli organismi regionali chiedeva il completamento delle reti fognarie e controlli sugli scarichi degli impianti produttivi e sull’acqua in ingresso e in uscita dai siti industriali. Oltre 10mila le firme raccolte in una ventina di comuni dell’agro nocerino-sarnese e, ad oggi, nessuna risposta.

Il canale-fogna nel centro di Scafati

I miasmi continuano a rendere difficile la vita degli scafatesi, e a produrli è anche il Bottaro, un canale artificiale che, da Scafati, affianca il Sarno per chilometri, fino a Torre Annunziata: nato per alimentare i mulini, oggi è una fogna a cielo aperto. È chiuso da quando negli anni passati furono avviati dei lavori per dragarlo. Ma tutto è rimasto fermo e il canale, che dovrebbe essere secco, oggi è una palude di liquami. “Il generale Jucci - ex commissario per la bonifica del Sarno - considerato il forte impatto ambientale e sanitario che si determina al centro di Scafati, aveva iniziato a dragarlo. Il Comune aveva bandito una gara e aveva appaltato una ditta per effettuare la caratterizzazione dei fanghi e avevano stabilito anche un certo valore. Quando iniziarono a dragare, la ditta che doveva eseguire i lavori nel caratterizzare i fanghi scoprì che il valore dell’inquinamento dei fanghi non erano quelli per cui avevano vinto quella gara e che non erano in grado nemmeno di rimuoverli”, ricorda Domenico Pedone, presidente del Comitato Scafati a Difesa del Sarno. Le operazioni di bonifica terminarono prima di cominciare e da allora in pieno centro, sotto le abitazioni, della melma stagna, uno scarico sversa liquami, e delle sterpaglie crescono per metri. “La responsabilità è degli enti preposti e dei responsabili dei procedimenti degli enti preposti – addita il sindaco -. Il Consorzio di Bonifica viene a effettuare ciclicamente la pulizia delle sterpaglie. È in corso un procedimento di dragaggio, che a breve dovrebbe iniziare”.

Il Grande Progetto Sarno ancora lontano

Per una rinascita del fiume si spera nel Grande Progetto Sarno. Circa 400 i milioni di euro stanziati per opere dirette al disinquinamento del fiume e alla sua sicurezza idraulica. “Ci vorrà ancora qualche anno, ma sono fiducioso”, dichiara il sindaco di Torre Annunziata, Vincenzo Ascione. “La responsabile del procedimento ha già preparato la determina per l’affidamento dell’incarico di progettazione di tutti gli interventi previsti con i 400 milioni di euro. Questa è la fase fattiva – sostiene – in cui stiamo parlando tantissimo con la Regione, per dare anche le nostre indicazioni”. È tra Torre Annunziata e Castellammare di Stabia che il fiume Sarno sfocia nel golfo di Napoli, dopo circa 24 chilometri di percorso.

Lì, secondo quanto pianificato, dovrà aprirsi una terza foce, ma secondo molti comitati finirà soltanto per sversare altri inquinanti in mare. Molte associazioni sono scettiche rispetto all’efficacia del Grande Progetto Sarno e temono che possa diventare solo un altro “poltronificio”.

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