Quei "Gomorra tour" tra le vele. "Ci fotografano come scimmie"

A Scampia è già qualche anno che arrivano turisti per vedere le vele raccontate da Gomorra, devastate da camorra e abbandono

Quei "Gomorra tour" tra le vele.  "Ci fotografano come scimmie"

Il Mafia tour che prometteva una visita nei “luoghi della camorra” ha sollevato l’indignazione generale, a tal punto da far rimuovere l’annuncio pubblicato su internet. Ma a Napoli c’è un quartiere - Scampia - dove da tempo arrivano turisti per vedere da vicino le vele raccontate da Gomorra. Teatro di faide tra clan che a partire dal 2003 hanno causato spargimento di sangue, centinaia di omicidi e miseria, il quartiere della periferia nord di Napoli attira da qualche anno visitatori, curiosi di conoscere i luoghi che hanno fatto da sfondo alle scene del film e della omonima serie televisiva ispirate a una realtà ormai passata, una realtà dove la camorra e l’abbandono hanno portato degrado, morti e disperazione, hanno distrutto famiglie, persone, e hanno lasciato su quei casermoni del lotto M un marchio negativo da cui il popolo delle vele e di Scampia sta provando a liberarsi con tutte le forze.

Nelle vele, che fino a qualche anno fa rappresentavano la principale piazza dello spaccio, la più grande di Napoli e a livello europeo, i turisti arrivano di continuo, in gruppi organizzati o da soli, per vedere da vicino quei mostri di cemento armato coperti di amianto, dove lo spaccio di droga continua, ma non raggiunge più i livelli del periodo da cui hanno preso spunto i racconti di Saviano e che rendevano le vele un luogo impenetrabile ai curiosi. “Mi piacerebbe visitare i luoghi della fiction Gomorra. Insomma, le famigerate vele, le case celesti, la villa dei Savastano a Torre Annunziata, ecc. Secondo voi è fattibile?”, chiedeva qualcuno 4 anni fa su una piattaforma di viaggi on line. Nel frattempo c'è chi si è mosso per soddisfare le richieste e ha organizzato dei veri e propri tour sponsorizzati sul web. Il prezzo? 100 euro per un gruppo fino a 4 persone e il viaggio tra le vele è assicurato. “Questo giro prevede una visita nei posti dove è stata girata la serie televisiva Gomorra, si procede poi ad un piccolo tour della città di Napoli con soste sui più bei panorami della città dove potete ammirare è trovare bellissimi i colori del golfo di Napoli sovrastato dal grande Vesuvio”, promette la guida. La sosta tra le vele e in via Labriola dura 10 minuti, ma – si precisa – non è incluso l’ingresso nelle vele.

“Non siamo Gomorra”, “Le vele non sono uno zoo”, “No alla Rwm”, “Scampia mica è una puttana”, “No Gomorra”, queste scritte accolgono i turisti. Sono ovunque: sui palazzi, sulle tabelle delle fermate degli autobus, sui contenitori dell’immondizia. “I turisti li vediamo praticamente tutti i giorni”, dicono un uomo e un ragazzino fermi nel piazzale all’ombra della vela celeste. “C’è un ragazzo che guida il gruppo. Fanno fotografie alle vele”, raccontano. Mentre i turisti scattano foto, dietro quelle finestre e mura decrepite ci sono famiglie che devono combattere ogni giorno per poter tirare avanti. Molti sono lì perché non hanno alternativa, hanno trovato un riparo in quegli alloggi fatiscenti pieni di umidità e muffa, con infiltrazioni di acqua ovunque. Qualcuno è arrivato da poco, si è inserito in qualche abitazione lasciata libera da chi si è trasferito nelle nuove case popolari. “Escono dalla macchina, fanno le foto, giudicano le persone che stanno dentro, ci guardano, si mettono a ridere e vanno via”, è il racconto di una donna. Sta salendo le scale ricoperte da ciò che resta di un rivestimento in cui si rischia facilmente di inciampare. “Purtroppo abitiamo nelle vele perché ne abbiamo bisogno, non abbiamo un lavoro. Nessuno ci vuole stare nelle vele, ma qui nessuno ci aiuta, sanno solo mettere le persone sui giornali, le vele, l’immondizia, i topi”, dice, mentre nella sua testa sembra avere solo un pensiero, quei nipotini strappati alla sorella per un problema di salute, bambini di pochi anni finiti in un centro per minori della provincia di Napoli. Lo stesso pensiero che attanaglia anche Raffaele. Anche a lui sono stati tolti i figli. Ne ha quattro. “I turisti? – dice affacciandosi sul ballatoio da una finestrella – qui abbiamo problemi più gravi”. Un dramma sociale continua a consumarsi dentro quei palazzoni fatiscenti, ricoperti di immagini e messaggi, meta degli appassionati di Gomorra.

“La gente deve capire che ci sono persone che vivono in quei posti, noi viviamo in questi posti. E vederci fotografare come delle scimmie nello zoo ci dà un po’ fastidio. Ci vorrebbe di un po’ più di umanità, bisognerebbe capire che nelle vele ci sono delle persone e non bestie”, commenta Rosario Caldore, uno dei portavoce del Comitato Vele da anni impegnato nella lotta per la demolizione delle vele e per il diritto alla casa dei suoi occupanti, molti dei quali non hanno nemmeno una residenza. “Io non sono felice che ci sia un turismo legato a un’icona negativa, perché questo quartiere è tanto altro. L’icona della vela è un’icona vera, ma che noi dobbiamo abbattere, infatti a breve iniziano i lavori per la demolizione di una vela. Non sono felice che vengano turisti a vedere le condizioni negative in cui vivono i cittadini. È come se Scampia fosse uno zoo. E non lo è”, dichiara il consigliere della municipalità, Claudio Di Pietro.

Entro la fine del mese una di quelle vele diventate icona del quartiere e di Napoli dovrebbe essere abbattuta, con un notevole ritardo sulla tabella di marcia. La prima a finire giù sarà quella verde. Poi toccherà alle altre due, così come previsto del progetto di riqualificazione di Scampia.

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