Paolo è nato con un tumore. Fibrosarcoma congenito alla coscia destra. Glielo hanno diagnosticato a dieci giorni di vita al Policlinico di Catania. Era il 9 gennaio 1999. Paolo è nato il 28 dicembre 1998, a Messina. Oggi ha 13 anni, si gode la sua adolescenza da ragazzo sano, senza alcun handicap. E con quella gamba che i medici avrebbero doluto amputargli, tira di destro che è una meraviglia. Fra le sue passioni c’è il calcio: il papà è il suo fan più sfegatato, sul campo lo guarda come se fosse Totò Schillaci. Come si guarda un campione. Ma la storia della malattia di Paolo è stata gestita dalla mamma, dall’inizio alla fine. Lei, figlia della segretaria di un medico dibelliano (Giovanni Calogero, di Gioia Tauro) ha respirato da subito un’aria diversa. Come dire: l’ossigeno le è arrivato dritto in casa, grazie alla sua, di mamma. Per questo ha trovato la forza di risparmiare al figlio di pochi mesi l’amputazione della gamba. Il fibrosarcoma è un cancro maligno, il più comune tumore dei tessuti molli nei bambini al di sotto di un anno, cresce rapidamente, non dà metastasi. Il trattamento privilegiato è quello chirurgico, quando non è possibile, il tumore si affronta con chemio e radio. Dopo l’intervento la sopravvivenza a 5 anni è dell’80 per cento. Il tumore di Paolo non si poteva operare, era alla radice della coscia destra e interessava anche una porzione del bacino e dell’anca.
Quando ve ne siete accorti?
“Subito, Paolo è nato con una vistosa tumefazione all’inguine. La prima ecografia l’ha fatta a due giorni di vita, eravamo all’ospedale di Messina”.
Cosa vi dissero i medici?
“Di fare subito una biopsia, andammo al Policlinico di Catania. La diagnosi arrivò il 9 gennaio 1999, la massa era di 4 centimetri ma non era localizzata solo alla coscia, era estesa anche al bacino e all’anca. Ci proposero la chemioterapia, l’intervento sarebbe stato troppo complicato”.
E voi?
“Accettammo. Dal 20 gennaio a marzo, Paolo fece 4 cicli”
E' stato tanto male?
“Stava malissimo i primi 3 giorni, poi si riprendeva, aveva perso i capelli…”
I risultati?
“Deludenti, come se il cocktail di vincristina e acrinomicina (i due chemioterapici) fosse stato acqua fresca, la risonanza di fine terapia accertò che il tumore era cresciuto di 7 millimetri”.
Che soluzioni vi prospettarono?
“Da Catania chiesero un consulto alla chirurgia pediatrica di Padova, ci proposero di fare l’intervento: emipelvectomia, significa rimuovere parte del bacino oltre alla gamba. Ma sull’esito dell’operazione, decisamente invasiva su un bimbo così piccino, nessuno ci rassicurò, non mi seppero dire con certezza se poi il bambino sarebbe stato bene…”
Lei cosa fece?
“Pregavo e mi ripetevo: se il Signore lo vuole non devo oppormi…”
Come Abramo davanti alla richiesta di sacrificio del figlio Isacco… incredibile…
“Non avrei accettato la mutilazione di mio figlio”.
Ma ha aspettato il miracolo?
“Affatto, mia madre lavorava da un medico che era in contatto col professor Luigi Di Bella (lo sa che il professore aveva fatto il liceo scientifico a Messina?). Portai il bimbo da Calogero e iniziammo la cura decisa per lui dal professor Di Bella”.
Che tipo di cura?
“Una puntura di somatostatina tutte le sere, un chemioterapico, il ciclofosfamide, a dosi bassissime, poi retinoidi, melatonina, acido ascorbico…”
Efficace?
“Dopo due mesi e mezzo-tre la massa si era ridotta di dimensioni, da allora in poi la diminuzione del tumore è stata progressiva, da 47 millimetri a 35, poi dopo altri 2 mesi era diventata di 29, poi 24, 22… in cinque anni scomparve del tutto”.
Da allora basta medicine?
“Smettemmo con la somatostatina ma tuttora Paolo prende retinoidi e acido ascorbico”.
Conobbe di persona Luigi Di Bella?
“Sì, venne a Messina per un convegno quando Paolo era già in terapia con Calogero, glielo portai, lo visitò e mi tranquillizzò, la cura era quella giusta”.
Quanto vi costò?
“Ottocentomila lire al mese, i primi tempi, poi ho perso il conto…”
Tutto di tasca vostra?
“Sì, non abbiamo fatto ricorso. Le medicine ce le procurava una farmacia di Catania”.
Che ricordo ha di quel periodo?
“Quando Paolo aveva otto anni ed era già in splendida forma lo portai in ospedale dal primario del Policlinico di Catania che mi aveva suggerito
Ma come niente di niente?
“Ci sorrise, ci strinse le mani e ci disse più di una volta ‘mi fa piacere, mi fa piacere’…”
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