Bestie di Cerano, cinque anni di processi per incastrare la "psicosetta" che non esisteva

Centinaia di testimoni, migliaia di ore di intercettazioni telefoniche e ambientali

Bestie di Cerano, cinque anni di processi per incastrare la "psicosetta" che non esisteva
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«Un processo che non avrebbe nemmeno dovuto iniziare, con fatti talmente datati che addirittura persino gli imputati avrebbero dovuto essere altri. È comprensibile che adesso i protagonisti assolti non abbiano alcuna velleità e desiderino solo essere dimenticati. Per loro è finito un incubo: sono stati letteralmente messi alla gogna, alcuni hanno persino rischiato di perdere il lavoro».

L’avvocato Massimo Del Confetto, insieme al collega Alessandro Mezzanotte dello studio legale milanese «Lexalent», ha difeso due degli imputati del processo per la cosiddetta «psicosetta» delle bestie di Cerano, nel Novarese. Cinque anni di dibattimenti a porte chiuse con una udienza a settimana di almeno otto ore, centinaia di testimoni, migliaia di ore di intercettazioni telefoniche e ambientali. Un processo conclusosi venerdì in Corte d’assise a Novara (presidente Gianfranco Pezone) con una sola condanna a sei anni di reclusione per violenza sessuale e l’assoluzione per tutti gli altri 25 imputati.

Le accuse, a vario titolo, per gli imputati erano pesantissime: riduzione in schiavitù, associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù, abuso sessuale su minori e abuso sessuale di gruppo. Il dispositivo della sentenza ha stabilito che la riduzione in schiavitù non è mai esistita; gli altri reati o sono prescritti o non sussistono.

Le vittime della cosiddetta setta - che aveva la sua base operativa in una villetta nei boschi del Ticino, a Cerano, ma anche con diramazioni in Lombardia a Milano, nel Pavese e in Liguria - elencate nei capi d’accusa erano una decina. La pm Silvia Baglivo aveva richiesto pene dai sette ai diciotto anni: le più alte per le tre presunte organizzatrici, una delle quali ex convivente del presunto capo, Gianni Maria G., 79 anni, milanese, detto il «dottore» o il «professore» per la sua laurea in farmacia, deceduto il 15 marzo del 2023, la cui posizione era stata stralciata: una perizia medica aveva certificato l’impossibilità ad affrontare il dibattimento.

Per i partecipanti agli incontri, accusati anche degli abusi sessuali, a vario titolo sono stati chiesti quindici anni, dodici anni e dieci anni. Per gli altri pene da sette a nove anni. Era stata richiesta la prescrizione per due uomini e il sequestro preventivo di tutti i beni mobili e immobili appartenenti alla setta.

In realtà l’intera vicenda sembra basarsi su un colossale e dolorosissimo fraintendimento che ha richiesto alla pm l’analisi di circa 40 anni di storia. Gli adepti iniziali di questa setta che poi setta non era - una trentina di persone che hanno cominciato a incontrarsi all’inizio degli anni ’80 - organizzavano e svolgevano corsi di meditazione e di spada celtica, parallelamente era nata anche una scuola di danza.

«Proprio nella scuola di danza, pare che alcuni soggetti, peraltro mai entrati nel processo, applicassero discipline forti sostenute da attività sessuali non finalizzate però all’orgasmo, bensì al dolore che conduce all’estasi - spiega l’avvocato del Confetto -. Alcuni di loro all’epoca si facevano accompagnare a danza anche dai figli».

A portare alla luce l’intera vicenda e a creare, 20 anni dopo, nel 2018 il caso sfociato nell’inchiesta «Dioniso», è stata proprio una di queste figlie, che alla scuola di ballo, quando era minorenne, aveva accompagnato la madre e la zia e che non frequenta più il gruppo dal 2010. «Nonostante la sua denuncia, va detto che sia la madre che la zia non sono mai state indagate perché nel frattempo i legami tra le persone si sono assottigliati, in molti casi si sono addirittura esauriti e anche tutte le ore di intercettazione non hanno provato niente in questo senso - insiste l’avvocato Del Confetto -. Basti pensare che nel processo sono state sentite anche persone che all’epoca dei fatti non erano neanche nate! E che da quanto è emerso durante le udienze il reale scopo di questo gruppo, che mi rifiuto di chiamare setta, era di creare affiliazione: si trattava al massimo di poliamore, di carezze, di coccole, niente a che fare con violenze o abusi sessuali insomma».

E il legale conclude:

«Quello che è emerso attualmente è un gruppo di soggetti consapevoli e consenzienti che vivono esperienze in comunità libere da qualsivoglia imposizione o dogma assolutamente all’oscuro di quello che è avvenuto molti anni fa».

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