La chat dell'orrore dopo lo stupro: "Troppo divertente. L'abbiamo ammazzata"

I vocali di R. P., minorenne all'epoca dei fatti, ricostruiscono i dettagli dell'aggressione al Foro Italico: "Abbiamo combinato un macello, lei è svenuta più di una volta..."

Il cantiere dove il 7 luglio è stata stuprata la giovane dal branco a Palermo
Il cantiere dove il 7 luglio è stata stuprata la giovane dal branco a Palermo
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Ad inchiodarlo stavolta sono state le chat di gruppo su cui i carabinieri proseguono le indagini della violenza di gruppo, perpetrata ai danni di una loro coetanea la notte del 7 luglio. Messaggi che il giovane ha scambiato con un amico la sera della violenza, alle 2.12, che inquadrano perfettamente la situazione attuale. Non è facile tradurli nel contesto dialettale ma serve però ad inquadrare l'indole del ragazzo. "Cumpà l'ammazzammu! ti giuro a me matri, l'ammazzammu, ti giuro a me frati, sviniu... Sviniu chiossai di na vota... (Compare, l'abbiamo ammazzata! Ti giuro su mia madre l'abbiamo ammazzata, ti giuro su mio fratello è svenuta. E' svenuta più di una volta, ndr)".

Sulla scorta di queste conversazioni avvenute subito dopo i fatti, la Procura ha chiesto e ottenuto un aggravamento della misura cautelare. Così torna in carcere il minorenne, ai tempi dei fatti, accusato dello stupro. "Tali nuovi e sopraggiunti elementi investigativi tratteggiano la personalità di un giovane che, lungi dall'aver avviato un percorso di consapevolezza del gravissimo reato commesso avendo ottenuto condizioni di maggiore libertà con l'inserimento in comunità, ha continuato ad utilizzare il telefono cellulare e/o altro dispositivo informatico per vantarsi delle sua gesta e per manifestare adesione a modelli comportamentali criminali", ha scritto il gip del tribunale dei minorenni di Palermo, Antonina Pardo nel provvedimento. Il giovane aveva lasciato il carcere sabato scorso, dopo aver confessato davanti al gip Alessandra Puglisi, che aveva disposto per lui il collocamento in comunità sostenendo che il giovane avesse compiuto una "rivisitazione critica" del suo comportamento.

"Ficimu un macello: n'addivertemmu in 7, troppi cianchi!"

In alcuni messaggi vocali scambiati con un amico la stessa notte della brutale violenza racconta l'orrore andato in scena nel cantiere abbandonato al Foro Italico. "Cumpà, ficimu un macello, n'addivertemmu, troppi cianchi (Compare, abbiamo fatto un macello, ci siamo divertiti, troppe risate, ndr)", spiega al suo interlocutore, al quale, con un linguaggio crudo e volgare, racconta cosa hanno fatto in sette. "Ficimo un macello. Siamo stati un quarto d'ora compà e in un quarto d'ora lei si è sentita male ed è svenuta più di una volta", aggiunge. "Però così è brutto", replica il suo amico e lui, che - ammette - quella ragazza "neppure la conoscevo", risponde: "ahah troppo forte, invece". Messaggi choc finiti oggi nell'ordinanza con cui il gip ha ricostruito la notte di violenza e orrore.

Il vanto sui social

"Chi si mette contro di me si mette contro la morte" e "le cose belle si fanno con gli amici", sono alcune delle frasi pubblicate sui social. Che per gli esperti e per la rete sono fake, ma per gli inquirenti avrebbe scritto lo stesso indagato. Addirittura avrebbe attivato un secondo profilo e avrebbe postato: "Sto ricevendo tanti messaggi da ragazze, ma come faccio a uscire con tutte? Siete troppe" e ancora: "Ah e volevo ringraziare a chi di continuo dice il mio nome, mi state facendo pubblicità e hype". Sono emersi così, nuovi elementi dunque grazie alle indagini dei carabinieri e alla perizia tecnica commissionata dall'accusa sul telefono dell'indagato. Che ha continuato a postare su Tik Tok, anche quando era stato spedito in una comunità di recupero. "Arriviamo a 1000 follower così potrò fare la live e spiegarvi la situazione com'è andata realmente", scriveva R.P. che nel provvedimento della gip - si legge "la chat rivela la tua totale insensibilità rispetto all'atrocità commessa, considerata fonte di divertimento e il suo disprezzo per la vittima". Tutto questo, secondo la gip - induce a ritenere che"le parziali ammissioni dell'indagato in sede di interrogatorio di garanzia hanno avuto una valenza assolutamente strumentale volta unicamente ad ottenere l'attenuazione della misura".

"Nessun pentimento, ma ricerca di fama sui social"

Si vantava delle sue gesta, senza avere il minimo rimorso di quello che era successo. Il giudice ritiene che "sussiste alto rischio di commissione di altri reati della stessa specie di quello per cui si procede avuto riguardo alla personalità di R. P.

il quale non solo non ha avviato alcun autentico percorso di revisione critica del suo operato ma ha anche dimostrato di essere assolutamente incapace di una sia pur minima autoregolazione emotiva ricercando sui social fama e notorietà per quanto orribilmente accaduto e compiacendosi del successo ottenuto con le ragazze che lo hanno contattato".

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