Così i boss lucrano sull'immigrazione

Non solo clic day: falsi visti di lavoro e «ricongiungimenti» per gonfiare i flussi

Così i boss lucrano sull'immigrazione
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«L’immigrazione è un business per mafia, camorra e ’ndrangheta». Andrea Di Giuseppe è il parlamentare Fdi eletto in Nord America che per primo ha denunciato lo scandalo dell’immigrazione illegale «travestita» da regolare, con la complicità del personale straniero nei nostri uffici consolari. «Non c’è solo il clic day che ha denunciato il premier Giorgia Meloni, ci sono “N” modi per entrare legalmente in Italia». Falsi passaporti, visti falsi o venduti sottobanco per turismo, studio o ricongiungimento familiare, finta discendenza italiana e cittadinanza jure sanguinis, false richieste di asilo politico, permessi di soggiorno venduti da funzionari corrotti ma anche attestazioni farlocche di capacità economica, financo furti d’identità, come denunciano da anni diplomatici e funzionari in tutto il mondo rimasti a lungo inascoltati. I Paesi più a rischio sono Congo, Repubblica Democratica del Congo, Sri Lanka, Pakistan (dove sono stati rubati dei visti dalla cassaforte dei nostri consolati) e Bangladesh, dove un visto può costare 12mila euro.

Lo scandalo che la leader Fdi ha portato alla Direzione nazionale antimafia riguarda (per ora) solo gli accessi previsti dalla legge Bossi-Fini gestiti dalle mafie a 15mila euro a pratica. Per il 2024 sono arrivate 690mila domande ma gli ingressi da paesi extra Ue disponibili sono solo 151mila, fino a esaurimento quote: 61.250 per lavoro subordinato non stagionale, 700 per lavoro autonomo e 89.050 per lavoro subordinato stagionale, con tre distinti clic day nel marzo scorso.

«Con l’Antimafia ha sbagliato indirizzo», facevano intendere ieri Repubblica e il Manifesto, dimenticando che il procuratore nazionale Giovanni Melillo si occupa anche di Antiterrorismo. «Far entrare legalmente un clandestino significa esporre al rischio jihad l’intera Area Schengen e usare l’Italia come back door per chi vuole fare guerra all’Occidente, visto che l’ingresso da regolare è la pre condizione per ottenere i visti anche per gli Stati Uniti», ci dice un inquirente che si occupa di contrasto al terrorismo. Quasi tutti i responsabili degli attentati in Europa, da Parigi a Berlino, sono passati dall’Italia.
«Ma un conto è arrivare col barcone, un altro in aereo con un visto di lavoro», ci spiega la fonte.

Molte Procure del Sud sarebbero già al lavoro sulle ipotesi denunciate da Palazzo Chigi. Fonti vicine al procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri ricordano che il pm antimafia «è già sul pezzo, il fenomeno è monitorato con attenzione da tempo». Nel 2023, su 282mila domande di nulla osta per lavoro stagionale agricolo o turistico-alberghiero da parte di extracomunitari con i tre famigerati click day, ben 157.000 sono arrivate dalla Campania, ma meno del 3% è stato poi contrattualizzato.

Per capire meglio l’anomalia, sono 20mila le richieste dalla Puglia, che però ha il 12% delle imprese agricole. È qui che nelle scorse settimane carabinieri e Guardia di Finanza ha pizzicato tre imprenditori leccesi, con la complicità di ex dirigenti di prefettura e altri intermediari, che avrebbero fatto entrare illegalmente 900 stranieri, provenienti prevalentemente provenienti dal Senegal e dal Marocco, attraverso assunzioni fittizie, fatturato «cartolare», finti contratti di affitto di terreni e false idoneità alloggiative. Solo 263 istanze di ingresso illecite sono state respinte.
Poi c’è anche la piaga della falsa cittadinanza o dei passaporti falsi, pratica che arriva prevalentemente dall’America Latina. Bastano matrimoni di comodo ma anche false parentele (come antenati inesistenti spuntati dalle anagrafi di piccolissimi Comuni italiani tra Toscana e Lazio, vedi l’inchiesta del Tempo), falsi certificati di nascita, falsi passaporti. Nei mesi scorsi la Farnesina ha disposto controlli a tappeto in ambasciate e consolati di tutto il Sud America: il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha mandato i suoi 007 in Venezuela, Argentina, Brasile e Uruguay ma anche in Cile, Perù e Santo Domingo.

«Centinaia di persone hanno avuto la cittadinanza italiana senza avere alcun legame», ribadisce Di Giuseppe. Parliamo di 100mila passaporti l’anno rilasciati all’estero, il 70% solo in Sudamerica. Fermare i barconi non basta più.

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