Disordini, sovraffollamento e organizzazione: dal sindacato di Polizia Penitenziaria il punto sulle carceri

L'intervista a Leo Beneduci, segretario generale del sindacato Osapp, che ha fatto il punto sulla situazione delle carceri italiane e sulle problematiche

Disordini, sovraffollamento e organizzazione: dal sindacato di Polizia Penitenziaria il punto sulle carceri

Sovraffollamento, disordini e problemi. La situazione delle carceri italiane è complicata e nonostante i tentativi di risoluzione permangono criticità gravi. In pochi giorni si sono registrati tre diversi episodi tumultuosi che oltre ad arrecare danni alle strutture hanno anche provocato ferite agli agenti di servizio. Abbiamo intervistato con Leo Beneduci, segretario generale del sindacato Osapp, Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria, che ci ha spiegato alcune dinamiche che non si riescono a percepire dall'esterno.

Torino, Bari, Roma solo nell’ultima settimana. Perché tanti tumulti nelle carceri?

Oltre alla grave calura tenuto conto che in alcune strutture per la vetustà degli impianti, in determinati orari, manca del tutto l’acqua corrente, c’è sicuramente un interesse maggiore per i problemi penitenziari in questo momento da parte della politica come della stampa e, quindi, dell’opinione pubblica. Ciò rappresenta uno "stimolo" per chi vuole rappresentare in maniera palese i disagi della detenzione nelle attuali carceri. In realtà, ad agosto di carcere ci si interessa sempre più che negli altri mesi e anche per questo le azioni di protesta da parte dei detenuti sono più intense. Quest’anno sono aumentati i suicidi (67 tra i detenuti, 7 tra i poliziotti penitenziari) e ci sono stati persino tre omicidi tra i reclusi all’interno delle celle, come non accadeva da decenni. Inoltre, è stato appena approvato il decreto carceri voluto dal Ministro Nordio, che può avere deluso alcune delle aspettative dei ristretti. Credo che siano tanti i fattori che stanno influenzando la stabilità, già precaria, delle carceri italiane.



Quali sono le dinamiche carcerarie che dall’esterno non si percepiscono?

Quello del carcere, non sono certo il primo né l’ultimo ad affermarlo, è un mondo a parte in cui però confluiscono, amplificate, tutte le criticità dell’attuale società, compresa quella della predominanza violenta di alcuni, singoli o gruppi, sugli altri più deboli. Questo, a sua volta, incide pesantemente sui traffici interni, di sostanze, di alimenti, di indumenti e smartphone, persino attraverso le ricariche delle carte di credito mediante l’interazione con i familiari all’esterno. Inutile sottolineare quale sia in questo ambito il ruolo e soprattutto il "peso" delle associazioni criminali. Riguardo, poi, ai traffici di sostanze e alla conseguente tossicodipendenza, ho anche il triste sospetto che alcuni dei suicidi tra i reclusi, di fatto inspiegabili, siano in realtà dovuti al pesante indebitamento legato all’acquisto di droga da saldare una volta usciti dal carcere.

Esiste un problema sicurezza nelle carceri italiane?

Esiste eccome. Ho già detto dell’influenza sul carcere delle associazioni criminali che oltretutto, grazie alla promiscuità della detenzione, frutto tra l’altro del sovraffollamento e della grave penuria di personale, trovano nel carcere fertile terreno di reclutamento. Per cui, il problema maggiore non riguarda la sicurezza delle infrastrutture penitenziarie, che pure è spesso messa a dura prova, ma quello della sicurezza della collettività. Soprattutto non dovremmo mai dimenticare che i detenuti, nella stragrande maggioranza, prima o poi dal carcere escono.



Chi ha la responsabilità di tali disordini così frequenti?

Dovrei rispondere che essendo la responsabilità penale un fatto personale secondo la legge, la responsabilità dei disordini è di chi li compie, tant’è che è stato persino introdotto, di recente, un articolo del codice penale, il 415 bis, che punisce, da due a otto anni, chi si rende responsabile (chi promuove, dirige o organizza) delle rivolte in carcere e che mi dicono stia intasando le procure della repubblica per le centinaia di denunce ricevute, benché al momento non se ne rinvenga traccia nelle cronache e nei fascicoli penitenziari e neanche se ne riscontrino risultati di sorta. In realtà, credo che quello che traspare dai tumulti di questi giorni sia una sorta di punta dell’iceberg perché sono convinto che in parecchi abbiano interesse a soffiare sul fuoco delle carceri, prime fra tutti le associazioni criminali, ma anche chi nel carcere e dal carcere può trarre un qualche profitto, come peraltro è sempre avvenuto.

Ha la percezione che la penitenziaria operi con "armi" spuntate?

In realtà la Polizia penitenziaria opera senza "armi" e non solo perché in servizio non si indossano armi di sorta ma anche per il fatto che i poliziotti penitenziari dovrebbero essere impiegati in maniera efficace, in quanto e anche agenti e ufficiali di Polizia Giudiziaria e di Pubblica Sicurezza (sostituti ufficiali di quest’ultima), al pari delle altre Forze di Polizia. Ciò è da tempo negato per colpa della politica che, a seconda dei cangianti umori di chi sta al governo, nega o rivaluta tali funzioni. Questo, sempre senza dare una dovuta collocazione alle donne e agli uomini del Corpo che operano nel carcere per, non si capisce bene a quale scopo, un contatto continuo 24 ore su 24 per sorvegliare che non scappino (sic!) detenuti che, per Costituzione e Legge, devono essere recuperati e, teoricamente non più prevenuti né perseguiti fatti salvi nuovi reati. D'altro canto, dell’Amministrazione penitenziaria che esercita poteri gerarchici attraverso funzionari, quali i direttori penitenziari che, caso più unico che raro (in Europa?) non hanno alcuna attribuzione né competenze di Polizia che pure comandano. I poliziotti penitenziari dovrebbero intervenire (reprimere e prevenire) previa adeguata attività di indagine, i reati veri, quali quelli legati al traffico di droga, all’utilizzo dal carcere dei telefonini per estorsioni e altro e per tutto ciò che comporta l’affiliazione alle associazioni criminali nell’abbraccio mortale tra interno ed esterno al carcere. invece, tali attività sono del tutto residuali rispetto alla c.d. “vigilanza”. Con i risultati che oggi vediamo.

Cosa pensa del caos sulla sigaretta fumata da Del Mastro?

Non avevamo fatto fino adesso discorsi seri? È vietato fumare in luoghi pubblici quale è anche il carcere. Ma a parte il fatto che in carcere sono in tanti a fumare pur non potendolo fare nonostante le regole e che ciò, in ogni caso, non giustifica nessuno, dico la verità: mi è sembrato assurdo farne un caso “politico”. Tant’è che ho anche scritto che mentre ci si preoccupa così tanto della sigaretta del sottosegretario delegato per le carceri (in realtà la delega dal Ministro Nordio è per il personale penitenziario e non per i detenuti) le stesse carceri vanno in cenere.

Penso che un politico vada sempre giudicato per ciò che realizza per la Collettività di utile o meno e, tra l’altro, mi sembra di ricordare, se non sbaglio, il caso di Conte senza mascherina durante il Covid, o altri casi simili di politici italiani, ma tutti senza grandi levate di scudi.

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