"Ha ferito molti". La comunità ebraica contro il brano di Ghali a Sanremo

Dai social alla Ong Mediterranea Saving Human, la canzone di Ghali diventa un inno pro-Palestina e no-border: "Il mio sogno è mandare all'Eurovision Ghali che canta con sulle spalle una bandiera della Palestina [...] in faccia ai rappresentanti di Israele"

"Ha ferito molti". La comunità ebraica contro il brano di Ghali a Sanremo
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Ghali, rapper nato a Milano da genitori tunisini, è tornato a distanza di alcuni anni sul palco del teatro Ariston e l'ha fatto con il brano "Casa mia", nel quale l'artista "chiacchiera" con un alieno. Un brano che, come già si sapeva dalla pubblicazione di testi, è di quelli "acchiappalike" sui social, che infatti hanno abboccato all'amo del rapper. Il motivo è da ricercare nel tema scelto dall'artista, che tra le barre ne ha inserita una interamente dedicata alle guerre, con un riferimento, anche se non esplicito, a quella in Palestina. Ma non solo, perché tra le righe del pezzo ce n'è anche uno sui migranti. E non a caso, visti i trascorsi di Ghali. Considerando che la maggior parte dei suoi follower, nonché fan, fanno parte di quella gremita giovane popolazione che si sta posizionando sul fronte dell'estrema sinistra italiana.

"Ma, come fate a dire che qui è tutto normale| Per tracciare un confine| Con linee immaginarie bombardate un ospedale| Per un pezzo di terra o per un pezzo di pane| Non c’è mai pace", scrive Ghali nel suo brano. Certo, la Palestina non è mai menzionata, così come Israele, ma non è un caso se sui social si sono scatenati i commenti dei pro-Pa, che inneggiano alla sconfitta di Israele. "Ghali ha detto 'Palestina libera' e punto", scrive uno. E ancora: "Il mio sogno è mandare all'Eurovision Ghali che canta con sulle spalle una bandiera della Palestina ed il testo tradotto alle spalle, comprensivo di immagini, in faccia ai rappresentanti di Israele". E così via, in un profluvio di commenti da parte di utenti che a stento hanno compiuto 20 anni e che credono di essere esperti di geopolitica.

Gli stessi che oggi, però, fanno finta di stupirsi per le parole del presidente della comunità ebraica di Milano, Walker Meghnagi: "Un’esibizione che ha ferito molti spettatori. Ghali ha proposto una canzone per gli abitanti di Gaza, ma a differenza di Ghali non possiamo dimenticare che questa terribile guerra è il prodotto di quanto successo il 7 ottobre". Parole alle quali, quella stessa fanbase che ha elogiato il cantante per aver parlato di Palestina, replica: "Rendiamoci conto che nelle canzoni e dichiarazioni di Dargen e Ghali la parola Palestina neanche viene menzionata e la comunità ebraica di Milano si sente chiamata in causa. Non è che per voi anche dire che bombardare ospedali è immorale ora diventa sinonimo di antisemitismo?".

Un cortocircuito evidente nel mondo dei social che, comunque, non stupisce ma che dovrebbe portare a riflessioni importanti. Ma a complimentarsi con il Ghali è stata anche la Ong, che riportando la barra "Ma qual è casa mia| Ma qual è casa tua! Ma qual è casa mia! Dal cielo è uguale, giuro", scrive: "Grazie Ghali". Ma un grazie è arrivato dalla stessa Ong a Dargen D'Amico, che al termine della sua esibizione ha chiesto il "cessate il fuoco" in Palestina: "Ci sono bambini sotto le bombe, senza acqua, senza cibo. Il nostro silenzio è corresponsabilità: la storia e Dio non accettano scena muta". Questo è bastato perché i due, nonostante non siano a Sanremo con i loro migliori pezzi, diventassero l'idolo delle masse dei teenagers che giocano a fare i grandi politici, abboccando all'amo delle cause sociali un tanto al kilo. Pronta la replica di Ghali a Meghnagi: "Sono venuto a Sanremo per portare un messaggio di pace, non ho né il ruolo né l'ambizione di risolvere una questione internazionale.

Ma se la mia esibizione porta a ragionare sull'irragionabile, se la mia canzone porta luce su quello che si finge di non vedere, allora ben venga. Non si può fare finta di nulla: è necessario prendere una posizione perché il silenzio non suoni come un assenso. Il mio paese è l'Italia, e voglio essere fiero del mio Paese".

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