Una bufera che investe un nome eccellente dell’Antimafia, una «toga rossa» rispettate e riverita: e contemporaneamente apre una finestra, o forse la spalanca, su un passaggio cruciale della storia del paese, la strage di via D’Amelio dove persero la via Paolo Borsellino e la sua scorta. Accusato di avere aiutato Cosa Nostra e i vertici della Montedison - con in testa Raul Gardini - a scansare le indagini sul filone «Mafia e appalti» è Gioacchino Natoli, per anni pubblico ministero a Palermo e poi membro del Consiglio superiore della magistratura. Proprio per insabbiare per sempre l’inchiesta Mafia-Appalti, secondo le più recenti indagini della procura di Caltanissetta, i clan decisero di assassinare anche Borsellino, cinquantasette giorni dopo avere ucciso Giovanni Falcone.
Di quella stagione, Natoli è stato un protagonista, pubblico ministero nel processo a Giulio Andreotti, e da lì partito per una carriera luminosa: militante del Movimento per la Giustizia, vicinissimo al suo leader Armando Spataro, eletto al Csm, poi vicepresidente dell’Associazione nazionale magistrati, poi consigliere del ministro della Giustizia piddino Andrea Orlando, infine designato ai servizi segreti in carico all’Aisa, l’ispettorato interno, e tuttora consulente del Dis. Una carriera da civil servant su cui si abbatte ora l’invito a comparire della procura di Caltanissetta per i reati di favoreggiamento alla mafia e calunnia. Verrà interrogato il 5 luglio, si dichiara «fiducioso nella giustizia» e pronto a dimostrare la sua innocenza.
Per ora, le accuse a suo carico fannno impressione. Natoli è indagato in concorso col suo vecchio capo Pietro Giammanco, morto nel 2018, con il capitano della Guardia di finanza Stefano Screpanti di avere aiutato i mafiosi Antonino Buscemi e Francesco Bonura nonchè « Raoul Gardini, Lorenzo Panzavolta, Giovanni Bini (gli ultimi tre al vertice del cosiddetto Gruppo Ferruzzi» a eludere all’inizio degli anni Novanta le indagini del Ros dei carabinieri. In particolare l’accusa riguarda la sparizione di alcune bobine provenienti dalla Procura di Massa Carrara e arrivate a Palermo, che sarebbero state distrutte. E che invece la Proccura di Caltanissetta grazie ai Ros ha recuperato, e dal cui ascolto è derivato il nuovo filone di indagine.
Natoli è accusato di avere agito con «l’aggravante di aver agito al fine di favorire l’associazione mafiosa denominata Cosa nostra con riferimento agli interessi della stessa nel settore dell’aggiudicazione degli appalti (operazione gestita unitamente al mondo imprenditoriale e a quello della politica». Cosa, nell’ipotesi d’accusa, abbia spinto Natoli a un comportamento così lontano dai suoi standard è tutto da verificare.
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