A 93 anni, in un giorno per lei molto significativo, quello della memoria, la senatrice a vita Liliana Segre ha ricevuto la laurea honoris causa in Scienze storiche dall'Università Statale di Milano. Nel corso della cerimonia, la superstite dell'Olocausto ha dialogato con il giornalista Enrico Mentana sul tema della Shoah. "Viviamo un tempo in cui mi è difficile far parte degli ottimisti - ha detto -. C'è qualche cosa di già sentito, di già sofferto. Ho delle amiche carissime che mi dicono: 'In questo momento di forte recrudescenza dell'antisemitismo, stai a casa'. No, non è vero, io non posso rivivere i tempi in cui nella sala da pranzo piccolo borghese, io bambina sentivo dire: 'Meglio non uscire, meglio non farsi notare'. Io, che per carattere ero sempre portata ad andare fuori".
Il ricordo del passato
La senatrice si è soffermata, in particolare, sulla guerra tra Hamas e Israele. "Quel che sta succedendo e quel che è successo il 7 ottobre - ha spiegato - mi hanno messo in una condizione che non avevo vissuto prima". Raccontando della sua passione per i bambini, Segre, a proposito dei tanti morti in Medio Oriente, ha detto che "nella spirale dell'odio più crudele, delle cose più spaventose, dal 7 di ottobre in poi, sono i bambini di tutti i colori, di tutte le religioni, di tutte le appartenenze, quelli che mi trovano una nonna disperata a vedere una cosa di questo genere. Che questi bambini vengano uccisi per l'odio degli adulti che non si ferma mai, loro che sarebbero il futuro di popoli fratelli, è una cosa che mi ha dato una forma di disperazione serale". Da qui il racconto di quando lei si trova da sola ad affrontare la notte. "Più si diventa vecchi - ha rivelato - e più la notte diventa difficile. E non c'è notte dal 7 ottobre che non mi tenga in parte sveglia a pensare a quello che succede. E poiché io sono una donna di pace mi ha sempre fatto soffrire l'odio tra le parti e la vendetta che non concepisco".
L'esperienza dei lager
Poi, la mente è ritornata al periodo della deportazione. "Non ho mai detto tutto - ha confessato a Mentana la senatrice - perché non c'è vocabolario che abbia le parole per dire la verità di quello che è stato. Io le parole non le ho mai trovate. Né io, né Primo Levi, né Elie Wiesel. Non ci sono le parole per dire quello che succedeva nei lager. Un attimo, ti volti e sei vivo per miracolo". Segre ha condannato anche la superficialità di chi quei tempi non li ha vissuti. "Mi piacerebbe tantissimo incontrare il signore che è andato a sfregiare la mia lapide". La senatrice lo ha dichiarato parlando della vandalizzazione di qualche settimana fa nel Varesotto di una targa posta a memoria del suo passaggio da lì in cerca di salvezza. "Un signore che dopo 80 anni perde cinque minuti del suo tempo per una che aveva 13 anni, che è stata deportata e che ha perso tutta la famiglia, è interessantissimo, perché non viene studiato un caso come quello? Perché lo ha fatto, è per antisemitismo o per invidia?".
Il messaggio agli italiani
Infine Segre si è rivolta al popolo della sua nazione."Non credo che gli italiani abbiano chiesto scusa.
Ho incontrato diverse persone - ha concluso - che per la loro coscienza, per essere persone sensibili, molti religiosi cattolici, che a me personalmente hanno chiesto scusa. Ma in modo ufficiale no; italiani brava gente".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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