Da super poliziotto a spia: la parabola di Carmine Gallo

Ha combattuto per anni l'ndrangheta nel nord Italia in indagini diventate punte di diamante per la polizia di Stato in un ruolo sempre un po' scomodo

Da super poliziotto a spia: la parabola di Carmine Gallo
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Destino beffardo. Alessandra Sgarella morì a 52 anni proprio nel giorno dell’arresto dell’ultimo dei suoi carcerieri ancora in libertà, Francesco Perre, avvenuto il 26 agosto 2011 in Aspromonte. L’11 dicembre 1997 il rapimento a Milano dell’allora 39enne amministratrice delegata della Italsempione Spa - azienda di trasporti di Cornaredo, nell’hinterland milanese, ai tempi con un fatturato di circa 240miliardi di lire e 180 dipendenti - era l’ultimo sequestro eclatante dell’ndrangheta in Lombardia e non si sbaglia di certo a dire che abbia segnato un epoca.

L’imprenditrice rapita venne rilasciata a Locri nove mesi dopo e fu un successo della polizia di stato, che tale probabilmente non sarebbe stato senza l’aiuto, determinante, di Carmine Gallo, 66 anni, origini napoletane, ormai ex superpoliziotto finito venerdì 25 ottobre agli arresti domiciliari con l’accusa di aver preso parte a un’associazione a delinquere finalizzata agli accessi abusivi di banche dati nazionali strategiche per carpire informazioni sensibili e segrete e venderle al miglior offerente. Basti pensare che quel giorno, il 4 settembre 1998, «per un presentimento», Gallo si trovava insieme al marito della donna sequestrata, Pietro Vavassori, poco lontano dal luogo della scarcerazione.

Era stato lui, l’ispettore, a entrare in carcere per parlare con un superboss dell’ndrangheta dopo che i rapitori avevano chiesto alla famiglia della sequestrata 50 miliardi. Da quel momento, dopo la visita di Gallo, il capo mafia si convinse a fare da tramite con i rapitori, un gruppo criminale di cui facevano parte due personaggi inseriti nell’elenco dei latitanti pericolosi rimasti latitanti per dodici anni grazie a coperture e favoreggiatori.
Non era certo quella la prima volta per Gallo che per trent’anni ha combattuto la mafia nel Nord Italia, maniacale nelle indagini a tal punto da ricordare a memoria volti e profili dei boss. Gli stessi che fu l’unico a riconoscere ai tavoli di un brutto bar nell’hinterland milanese nel marzo 1988: Giuseppe Morabito, u tiradrittu, gran maestro delle cosche di Africo, Antonio Pelle, di San Luca, per ultimo giunse Antonio Papalia, boss di Platì, referente al nord della mafia calabrese e padrone di casa. «Non si era mai verificata una cosa del genere, un summit storico – raccontò Gallo sentito come testimone al processo sulla cosca Morabito -. Abbiamo visto tre personaggi principali delle tre maggiori organizzazioni criminali operanti in Calabria e in Lombardia, credo che sia una cosa che mai più si è verificata. Noi stavamo indagando per i sequestri di Marco Fiora e Cesare Casella (rilasciato, anche grazie al lavoro di Gallo, il 30 gennaio 1990 dopo due anni di prigionia in Aspromonte, ndr). Quest’ultimo, verificatosi a Pavia, e nel quale erano coinvolti alcuni personaggi vicini sia ai Papalia e sia ai Pelle».

Il 30 gennaio 1997, era toccato sempre a Gallo capo suonare al campanello dell’appartamento di Patrizia Reggiani per notificarle l'ordinanza che la accusa di essere stata la mandante dell’omicidio del marito Maurizio Gucci, ucciso davanti alla sua casa di via Palestro il 27 marzo 1995. Lei, racconterà anni dopo Gallo, vuole uscire di casa con una pelliccia, ma lui le presta il suo cappotto per coprirsi.

Nel frattempo, racconta il curriculum del superpoliziotto, Gallo è passato alla Squadra mobile di Milano come vice dirigente della sezione Criminalità organizzata, lavorerà fianco a fianco con i pm di punta della Procura e partecipa da protagonista alle inchieste che svelano il radicamento della 'ndrangheta al Nord, verbalizzando anche le confessioni del collaboratore di giustizia Saverio Morabito.

Gallo saluta definitivamente la questura e via Fatebenefratelli e si trasferisce a Rho per guidare il commissariato decentrato e vivere i sei mesi dell’Expo da un punto di osservazione privilegiato. Resterà lì fino al 2018, quando lascia la polizia dopo quarant’anni di servizio e assume l'incarico di ad di Equalize srl, con uffici nella centralissima via Pattari.

Ed è proprio come manager di quell’azienda che è finito in manette giovedì, a valle dell’indagine dei carabinieri del Nucleo investigativo di Varese coordinati dal pm Francesco De Tommasi e dal collega della Procura nazionale antimafia Antonio Ardituro.

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