Dalla targa di Norma distrutta a Basovizza: quelle violenze dei kompagni contro le foibe

I vetri delle auto in frantumi a una presentazione di Verità infoibate e la targa dedicata a Norma Cossetto distrutta

Dalla targa di Norma distrutta a Basovizza: quelle violenze dei kompagni contro le foibe
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Giovedì sera, Castelfranco Veneto. La serata organizzata da Fratelli d'Italia per commemorare i martiri delle foibe è andata alla perfezione. Presento Verità infoibate, il libro scritto insieme a Fausto Biloslavo. Ci sono più di cinquanta persone e sono tutte interessate. Ci si ferma per scambiare due chiacchiere perché c'è sempre qualcuno desideroso di condividere i ricordi di famiglia, i lutti e le speranze. Poi, mentre ci salutiamo, arriva il primo: "Mi hanno spaccato il vetro della macchina". E poi un altro: "Anche a me". Dalle auto non è stato rubato nulla e si pensa che, più che qualche balordo, possa trattarsi di una punizione politica perché, purtroppo, parlare di questi temi è ancora oggi difficile, come dimostrano le scritte fatte, probabilmente da giovani slavi nostalgici, sulla foiba di Basovizza: "Trieste è nostra", "Morte al fascismo", "Trieste è un pozzo". È il passato che non passa mai. E che vuol far rivivere gli anni più bui della nostra storia.

Succede sempre così quando ci si avvicina al 10 febbraio, il Giorno del Ricordo. Le lapidi che ricordano i martiri delle foibe vengono distrutte, oppure imbrattate con il simbolo della falce e il martello o con scritte che inneggiano ai massacri compiuti dai titini. A farne le spese è molto spesso Norma Cossetto, la giovane uccisa ad Antignana il 4 ottobre del 1943, dopo esser stata sottoposta ad atroci sofferenze, alla quale finalmente sono state intitolate vie e parchi. Stuprata, percossa, derisa. E infine infoibata. Questo è stato il suo destino, come ricorderà anni dopo sua sorella Licia: "Ancora adesso la notte ho gli incubi, al ricordo di come l'abbiamo trovata: mani legate dietro alla schiena, tutto aperto sul seno il golfino di lana tirolese comperatoci da papà la volta che ci aveva portate sulle Dolomiti, tutti i vestiti tirati sopra all'addome [...] Solo il viso mi sembrava abbastanza sereno. Ho cercato di guardare se aveva dei colpi di arma da fuoco, ma non aveva niente; sono convinta che l'abbiano gettata giù ancora viva. Mentre stavo lì, cercando di ricomporla, una signora si è avvicinata e mi ha detto: 'Signorina non le dico il mio nome, ma io quel pomeriggio, dalla mia casa che era vicina alla scuola, dalle imposte socchiuse, ho visto sua sorella legata ad un tavolo e delle belve abusare di lei; alla sera poi ho sentito anche i suoi lamenti: invocava la mamma e chiedeva acqua, ma non ho potuto fare niente, perché avevo paura anch'io'". Una violenza terribile che per anni si è voluta nascondere. Come tante altre. Ma la verità non si può negare o, peggio ancora, infoibare. E oggi il volto sorridente di Norma è noto ai più.

Le scritte apparse sulla foiba di Basovizza, le targhe distrutte e i vetri delle auto frantumati non sono che gli ultimi atti (disperati) di chi è già stato sconfitto dalla storia. Di quella di ieri e pure quella di oggi.

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