A leggere certi giornali, o ad ascoltare i discorsi di certi politici, sembra di essere nel 1925. Ai bordi delle strade non ci sono Tesla e monopattini elettrici, ma solo camionette cariche di squadracce pronte a far sparire i dissidenti. Del resto, solamente pochi giorni fa, davanti alla sede di Acca Larentia si sono radunati oltre 1300 fascisti che hanno urlato “Presente” e alzato romanamente il braccio al cielo. Molti di quelli, e qui c’è l’aggravante, erano pure pelati. Per scelta, sia chiaro. E non per un’alopecia fulminante.
“È colpa del governo, che ha sdoganato questo lerciume”, fa sapere l’opposizione mentre si trova al confino in diretta nazionale su tutte le tv (pubbliche e private) e su tutti i social (perfino X, un chiaro riferimento alla Decima Mas voluto dal ketaminico Elon Musk). Ed è così che la nuova Ovra (Opera vigilanza repressione anti-antifascisti) si mette a scartabellare i vecchi post di chiunque abbia a che fare col governo. Si cercano prove inconfutabili. Frasi in latino. Meglio ancora se tutte in maiuscolo e con la “V” al posto della “U”. Si cercano camicie nere negli armadi (con le brune ci si gioca la promozione) o almeno un cd di Juanes che, nell’ormai lontano 2004 (ottantaduesimo anno dell’era fascista), cantava: “Tengo / Tengo la camisa negra / Porque negra tengo el alma / Yo por ti perdí la calma / Y casi pierdo hasta mi cama”. Una canzone che, chiaramente, potrebbe sostituire “Cara al sol” per i fascisti spagnoli del nuovo millennio. L’importante è cercare perché qualcosa, prima o poi, si troverà. Oppure si fabbricherà, come nel caso dell’inchiesta su Carlo Fidanza e la lobby nera in Regione Lombardia che, dopo settimane di articoli e programmi tv, si è rivelata essere, da un punto di vista giudiziario, la corazzata Potëmkin del giornalismo di sinistra: una cagata pazzesca. Questa è la loro realtà. Quella che non esiste e che serve a giustificare la propria inconsistenza politica e intellettuale.
C’è poi la realtà vera, quella che i cittadini toccano con mano. Quella che è fatta di proteste per Ramy, dalle quali hanno preso le distanze anche gli stessi familiari del ragazzo tragicamente morto a Milano, in cui si devastano le città, come è successo ieri a Roma. Oppure quelle pro Palestina dove, tra le urla Allah Akbar e i cori che inneggiano all’intifada, gli islamici di seconda generazione vanno a braccetto con ignare femministe che a Gaza non potrebbero uscire di casa, figurarsi tingersi i capelli di blu o mangiare avocado e french toast (perché è vero che la rivoluzione non è un pranzo di gala ma neppure un pic-nic con quel che si trova in frigo). E tutto questo accade mentre la sinistra nella migliore delle ipotesi interviene fuori tempo massimo dicendo che la violenza è sempre da condannare, mentre nella peggiore sfila in piazza con gli antagonisti. Per dire poi in tv che i nazisti vanno menati e che bisogna capire la rabbia di chi protesta.
Non sarà il fascismo degli antifascisti descritto da Pier Paolo Pasolini. Ma certamente è lo squadrismo, condito da buonismo, dei tolleranti.
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