Violenze e molestie nelle assemblee dei collettivi. Le femministe: "Silenzio per non tradire la causa"

Lettera di fuoco indirizzata alla collettività di riferimento: le femministe denunciano violenze nelle assemblee pro Palestina

Violenze e molestie nelle assemblee dei collettivi. Le femministe: "Silenzio per non tradire la causa"
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Molestie, violenza e omertà: si può riassumere così il contenuto di una lettera che un gruppo di femministe, che non si sono identificate, ma che si sono firmate come "gatte randagie violente e solidali", hanno fatto circolare negli ambienti dell'estrema sinistra. È una denuncia forte quella che si legge tra le righe della missiva, che si incentra su accuse di comportamenti misogini e deplorevoli che si sarebbero verificati, anche di recente, negli "spazi di movimento". Questi, altri non sono che i locali occupati o le manifestazioni, anche pro Palestina, che si susseguono da tempo nelle nostre città. In particolare, le femministe collocano queste violenze nella democraticissima Bologna.

Parlano di comportamenti che "riproducono, nascondono e normalizzano violenza maschile e molestie" nelle assemblee, dalle quali allontanano chi ha cercato di denunciarli. "Siamo furiose e stufe di sentirci dire che i panni sporchi si lavano in famiglia", proseguono le femministe, lasciando intendere che esiste una forte pressione affinché le denunce non escano fuori da questi ambienti. Quel che emerge appare di elevata gravità, in quanto si è aperta una discussione interna, che con questo articolo facciamo trapelare all'esterno, su pratiche violente e molestie che avverrebbero negli ambienti della sinistra, a volte estrema, del nostro Paese. Queli di cui fanno parte gli stessi che vanno in piazza a gridare contro i "figli sani del patriarcato" quando si verificano fatti di cronaca che coinvolgono esponenti del mondo maschile occidentale. Quelli che non si vedono nelle piazze quando gli stessi reati vengono compiuti da stranieri. Sono gli stessi che accusano gli esponenti del centrodestra di misoginia, che oggi vengono messi all'indice dalle femministe dei loro stessi schieramenti politici.

"La buona vittima, come la buona militante, deve essere moralmente ineccepibile. È colei che non mette al centro il suo corpo femminilizzato 'provocatore', che potrebbe distrarre i bravi compagni", scrivono le femministe, facendo emergere una struttura fortemente maschilista e androcentrica delle assemblee di collettivi e organizzazioni di sinistra. "È vizioso chi suggerisce che denunciare pubblicamente dei fatti gravi di violenza reiterata, individuali e collettivi, significhi tradire la causa", proseguono. Le loro accuse sono forti, sembrano basarsi su comportamenti ripetuti e su violenze che sono ben note in quella comunità ma che vengono taciute a tutti i livelli: "Chi indebolisce le lotte sono proprio coloro che insabbiano la violenza dei maschi, riaccogliendoli a braccia aperte poco tempo dopo l’ultimo abuso. Quando rivediamo i violentatori alla testa del corteo, forti di una larga agibilità politica, risulta palese quanto siano fragili e superficiali i percorsi politici transfemministi di cui tante realtà si fanno forza".

Chi sono questi violentatori in testa ai cortei? Perché le femministe non fanno nomi e cognomi, non denunciano alla polizia, non permettono alle forze dell'ordine di fare chiarezza? Perché limitarsi a una lettera che avrebbe dovuto avere solo diffusione interna, se non l'avessimo trovata? Eppure, sembra ci siano gravissimi comportamenti in quelle collettività: "Se per la comunità diventa più importante proteggere il proprio sedicente compagno nel suo agire violenza, allora stiamo reiterando gli stessi meccanismi patriarcali che diciamo di voler abbattere". Queste parole sono ancora più gravi se relazionate alle successive accuse che muovono le femministe: "Sappiamo che questi uomini hanno agito violenze più volte e su più persone. Sappiamo che la comunità politica afferente ne era largamente informata. Sappiamo che la decisione di insabbiare queste violenze e allontanare invece chi le ha subite è stata totalmente deliberata".

Sono loro stesse che denunciano i "compagni" di mettere in atto, nel privato delle assemblee, i comportamenti che in pubblico vengono denunciati, stigmatizzati. La "comunità politica afferente" che sapeva e non ha fatto nulla, come può giustificarsi davanti a queste accuse? "Si continuano a nascondere le cose sotto al tappeto pur di non mettere in discussione noi stessi e la nostra collettività", scrivono le femministe, il tutto al solo scopo di "mantenere limpida e immacolata la sua reputazione".

Volantini contro le violenze sono apparsi negli spazi occupati dai gruppi pro-Palestina, eppure nessuno ha avuto il coraggio di portare questa denuncia al di fuori di quella collettività. Quel che emerge da questa denuncia è un sommerso inquietante che non dovrebbe essere più taciuto.

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