"Volevo aiutare i migranti". Professoressa italiana arrestata in Bulgaria

La donna, insieme ad altri tre colleghi anche loro insegnati, durante le feste di Natale è stata in Bulgaria sulla rotta balcanica dei migranti

Immagine di repertorio
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L'Italia ha rischiato di dover affrontare un secondo "caso Salis", anche se dai contorni diversi. Nel periodo di Natale, un gruppo formato da tre docenti e parte di un collettivo chiamato "Rotte balcaniche" è volato in Bulgaria allo scopo di portare aiuto ai migranti che attraversano l'Europa irregolarmente. Lucia Randone, che lavora in un liceo di Casale Monferrato, insieme a Simone Zito e Virginia Speranza, è partita dal Piemonte e per la prima volta ha raggiunto la Bulgaria, dove è stata arrestata, e poi liberata, insieme agli altri due attivisti. "In Bosnia e Serbia abbiamo ascoltato i racconti sulla violenza della polizia bulgara, così abbiamo deciso di spostarci lì", ha spiegato al Corriere della Sera.

"Quando arriviamo nei boschi avvertiamo subito il numero di emergenza e, di conseguenza, la polizia di frontiera. Se non lo facessimo saremmo denunciati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il nostro obiettivo è essere presenti al loro arrivo, in modo da evitare respingimenti illegali", ha detto al quotidiano di via Solferino. Un'azione che, però, in Bulgaria non è ben vista e che può essere motivo di reclusione. Come, di fatti, è accaduto. "La polizia adotta spesso comportamenti degradanti nei loro confronti, la nostra presenza fisica è importante anche per limitare la disumanizzazione", ha proseguito.

Il 24 dicembre, tutti e tre, sono stati fermati e portati in carcere dalla polizia bulgara. "Ad ottobre altri membri del collettivi sono stati anche schiaffeggiati e gettati a terra, ad una giornalista hanno impedito di fare riprese. Ma niente di quello che facciamo noi è illegale", sostiene la docente, che nell'intervista ammette che, oltre alla solidarietà, "c’è anche un obiettivo politico e di lotta" nelle loro azioni. "Denunciamo quello che succede, di quel confine non si parla mai. Siamo concentrati su quello che avviene nel Mediterraneo, eppure quello bulgaro è il confine più violento di tutti", spiega ancora la docente. Non porta dati ma nella sua intervista muove accuse contro la Bulgaria, Paese membro dell'Unione europea dal 2007.

"Nella notte del 26 dicembre ci è arrivata la segnalazione di tre ragazzi egiziani tra i 15 e i 17 anni. La polizia ci ha fermati, non siamo riusciti a raggiungerli e loro sono morti", dice ancora Randone. La sua esperienza bulgara è terminata il 5 gennaio, appena pochi giorni fa, quando ha fatto ritorno in Italia.

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