da Milano
Recessione. È una di quelle parole fastidiose. Che sappiccica addosso come l'influenza. I bacilli non se vogliono andare e, per il ceppo di provenienza, bisogna chiedere di volta in volta agli analisti finanziari. Che, nel caso specifico, non sanno nemmeno loro dove voltarsi. Sic stantibus rebus il Fondo monetario ha decretato che l'Italia è piombata in recessione e che ci resterà anche per il 2009 con un deficit che arriverà a sfiorare i limiti di Maastricht, disoccupazione in netto rialzo, debito pubblico che tornerà a risalire. Il che significa non solo crisi finanziaria, dunque, ma anche aziende destinate a chiudere, posti di lavoro a rischio e per l'Italia la cifra sconfortante di 35mila esuberi.
Più disoccupazione Un futuro a tinte fosche che, intendiamoci, non interesserà solo l'Italia ma contagerà gran parte dei Paesi europei, la Francia, la Germania e persino la Spagna, dal dinamismo tanto sbandierato dal governo Zapatero, per la quale il Fmi nel 2009 prevede la prima recessione in quindici anni con il forte rialzo della disoccupazione, che raggiungerà l'11,2% quest'anno e il 14,7% nel 2009. Purtroppo il bollettino delle vittime di questa crisi deflagrante si aggiorna di minuto in minuto. Ieri è arrivata, puntuale come le vecchie cambiali, dalla Fiat la notizia di due settimane (a luglio l'azienda aveva annunciato il ricorso a una sola settimana) di cassa integrazione in novembre nello stabilimento di Mirafiori. Si fermeranno dal 3 al 16 novembre tutte le linee ad eccezione di quella della Mito. E il provvedimento interesserà anche, dal 3 al 9 novembre, gli addetti alla produzione di ponti e cambi della Powertrain Stura di Torino e quelli della Powertrain Verrone nel Biellese. In Fiat i cassaintegrati sono ancora da contabilizzare: a rischio, ci sono cinquemila dipendenti di Pomigliano d'Arco e i 1700 di Termini Imerese. Chi possiede unauto non ci pensa a cambiarla però nemmeno in Germania, dove la Opel chiuderà per due settimane gli impianti (6500 temporanei disoccupati), la Bmw chiuderà per quattro giorni a fine mese la fabbrica di Lipsia, la Porsche sta per alzare bandiera bianca, fermando alcune linee di produzione, mentre la Ford lascerà a casa 200 lavoratori part-time nella fabbrica di Saarlouis.
Lavoro troppo caro. Tornando in Italia, se è vero che nei primi sei mesi di quest'anno le aziende che hanno temporaneamente sospeso tutta o parte l'attività produttiva sono passate dalle 669 del 2007 alle 782 del 2008 con un incremento di quasi il 17 per cento è altrettanto vero che la cifra dei 35mila esuberi fotografa in modo allarmante la situazione del nostro Paese. La Cai di Roberto Colaninno ha in programma 3250 esuberi per dar corpo alla Nuova Alitalia. Telecom taglierà 5000 posti di lavoro. Gli esuberi nei grandi gruppi bancari italiani, che hanno cambiato faccia per le varie fusioni (Unicredit, Intesa-SanPaolo, Bnl Bnp Paribas e Mps) sono circa ventimila. Per l'Unicredit di Alessandro Profumo è una Caporetto: settemila dipendenti in esubero dopo la fusione tra Capitalia e l'Istituto di Piazza Cordusio. Per la verità il piano industriale del gruppo prevede novemila esuberi spalmati in Europa ma quelli italiani, considerato che un migliaio di persone sono già tornate a casa lanno scorso, è il più consistente con la sua cifra di 7200. La fusione tra Banca Intesa e l'Istituto bancario San Paolo di Torino, che ha portato a Intesa-SanPaolo porta anche 6500 tagli. Medesimo destino per i 2750 dipendenti della Bnl. Mentre l'integrazione di Antonveneta in Mps prospetta tra il 2008 e il 2011 il taglio di 1200 persone. Totale solo dai colossi bancari italiani: 17650 esuberi.
Una crisi che investe tutti Anche le telecomunicazioni sono in crisi: la 3G, licenzierà 450 dipendenti, nella telefonia, agli esuberi di 3 Italia si aggiungono i 5000 licenziamenti annunciati da Telecom. Cambiando settore alle corde anche il Gruppo Natuzzi (2400 cassaintegrati e 1200 esuberi). Un altro contraccolpo quindi nel distretto lucano dei divani e delle poltrone dove Natuzzi e Nicoletti avevano già dovuto dimezzare la produzione e 1400 addetti su 2100 erano già stati mandati a casa. Se vogliamo ficcare il naso nei guai degli altri possiamo guardare alla Francia: un emblematico esempio giunge da Carrefour colosso della grande distribuzione che ha perso il 2,3% delle vendite e sta pensando a contromisure adeguate visto che nel comparto alimentare il fatturato è calato del 7,8 per cento. Dagli alimentari ai frigoriferi che in Italia non solo restano vuoti ma non si cambiano come anche gli elettrodomestici.
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