Il sole sfiora le colline che abbracciano Solomeo. Taglia le nuvole che sembrano cashmere, dando vita a tutto ciò che tocca. È il miracolo della luce che diventa colore e forma, mentre i cipressi, come mani giunte, si slanciano verso il cielo. È qui, in questo borgo dal sapore medievale, che Brunello Cucinelli ha deciso di mettere le radici della sua azienda, fondata nel 1978. La prima intuizione: colorare la maglieria da donna in cashmere, per poi proseguire con quelle che sono le tre direttrici del saper fare italiano: qualità, creatività e artigianalità. Fino a diventare la bandiera del Made in Italy nel mondo, come spiega Cucinelli al Giornale: «Vivo con molta intensità la mia appartenenza all'Italia, mi impersono in essa e, per questo, rappresentare l'eccellenza del nostro Paese nel mondo è qualcosa che mi eleva e non mi appesantisce».
È una storia fatta di passione, raccontata con quei toni umili - quasi contadini - che sono propri dell'imprenditore-filosofo. «Non posso dire di aver mai incontrato veri e propri ostacoli per la mia azienda; fin da bambino, grazie alla mia vita in campagna, ho avuto il dono di saper intuire in anticipo e comprendere a fondo le situazioni naturali e umane, e forse questo è stato il fattore che fino ad oggi, con grande vigore, mi ha permesso una visione del mondo interamente positiva», spiega prima di concludere con l'immancabile citazione filosofica: «Il mio maestro Tommaso Moro diceva: Oh mio Dio, aiutami ad accettare ciò che non posso cambiare e aiutami a cambiare ciò che invece posso cambiare'». Ed è andata così. Cucinelli ha cambiato tutto ciò che poteva cambiare e accettato il resto.
A ventiquattro anni, Brunello è un ragazzo come tanti. Almeno apparentemente. Fa l'indossatore ed è molto curioso. Legge, si documenta e infine, con un briciolo di incoscienza, decide di produrre pullover in cashmere da donna colorati. Una pazzia per molti, un sogno per lui. Acquista venti chili di filato di colore ecrù, ma non ha i soldi per pagarli. «Audentes fortuna iuvat», dice Turno ai suoi prima di attaccare Enea: la fortuna aiuta gli audaci. Cucinelli incontra una di quelle anime antiche che decide di vendergli il filato in cambio di una promessa: Mi pagherai quando avrai i primi denari. Ti conosco, sei un ragazzo bravo. Inizia così una storia che dura ancora oggi. Brunello realizza sei maglioni e li fa colorare. Il tintore, Alessio, lo prende per pazzo. Il futuro imprenditore, fedele all'adagio aiutami a cambiare ciò che invece posso cambiare, passa tutta la mattina a convincere - e Dio solo sa con quanta determinazione - il tintore che, alla fine, cede. Sei pullover per sei colori diversi. Definiti, certo. Ma non troppo forti.
Servono soldi, però. E Brunello non li ha. Grazie alle sue letture parecchio trasversali, si ricorda che in Trentino Alto Adige i clienti ordinano e, soprattutto, pagano con precisione. Ecco quindi il primo cliente - Albert Franz, di Naturno in provincia di Bolzano - e il primo ordine: cinquantatré pullover. Cucinelli si sposta quindi ancora più a nord, in Germania. E la sua scelta paga. In tutti i sensi. È la prima volta che va all'estero. Racconta l'imprenditore: «La mia esperienza mi insegna che il Made in Italy viene apprezzato per due aspetti concomitanti essenzialmente umanistici: la creatività e la manifattura. Senza questa seconda non sarebbe possibile realizzare le idee che l'invenzione prepara». È il bello che lo conduce in ogni sua scelta. Racconta l'imprenditore nella sua biografia: «Credevo nelle cose preziose prodotte senza recare danni al Creato, o, se non altro, il meno possibile. Immaginavo dei manufatti gratificanti per chi li utilizzava e per chi li produceva, e che il lavoro si svolgesse in luoghi belli: un lavoro dove le pause fossero gradevoli e rilassanti, dove la dimensione artigianale fosse sovrana. Volevo che i rapporti tra le persone rispettassero umanità e verità, e il salario fosse adeguato ad una vita dignitosa e serena. L'atmosfera di lavoro alla quale pensavo era quella tranquilla da cui nasce la creatività. Immaginavo di fare sì giusti profitti, però con etica, dignità e morale, cercando di dare corpo all'affascinante relazione tra profitto e dono' che mi portava a sentirmi, nel piccolo, un custode del Creato».
È questo il pensiero che si cela dietro il borgo di Solomeo, un luogo dove si lavora in mezzo alla natura e dove tutto è a misura di uomo. Delle sue esigenze, delle sue passioni, delle sue preoccupazioni e aspirazioni. E che altro è l'umanesimo se non rimettere l'uomo al centro? Cucinelli lo fa. Acquista il castello del borgo per porlo al servizio delle comunità e, poco alla volta, lo restaura. Sulle mura degli edifici scrive quelle massime che sono la sua stella polare, per donarle a tutti: «Io tramando, non creo» (Confucio). E ancora: «L'amore per la conoscenza riecheggia nei nostri cuori e nutre la grandezza dei pensieri» (Socrate). Il nome di Brunello Cucinelli è sempre più famoso all'estero. Lui non cede sui principi che lo guidano. Anzi: sul principio cardine di tutta la sua impresa: l'uomo al centro. Il suo cashmere viene apprezzato in tutto il mondo e, nel frattempo, sviluppa collezioni maschili e femminili complete. Non più solo maglieria, quindi. Ma outfit che comprendono anche calzature e accessori. E apre boutique in Europa, America e Asia, continente in cui si trova Cucinelli quando lo contattiamo. Ed è proprio lui ad ammettere che c'è solo un modo per far conoscere ancora di più il Made in Italy all'estero: «Valorizzando i caratteri della nostra capacità umanistica dell'impresa, che ritengo altamente distintiva».
Perché il mondo ha bisogno del Made in Italy. Che è un sapere che ha a che fare con l'artigianato, con le mani che toccano i materiali e che li plasmano. Che nulla creano, come direbbe Confucio, ma che tutto tramandano. È un sapere millenario, fatto di tradizioni e antiche conoscenze. E un amore infinito per il bello che, secondo la filosofia classica, rappresenta lo splendore del vero. Ma anche del giusto e dell'eterno.
È per questo che il Made in Italy è così apprezzato all'estero: perché, come dice Cucinelli al Giornale, «la cultura italiana è pregnante grazie alla sua storia che ha costruito una diversità di culture, dal nord al sud, le quali si sono sempre integrate e fuse senza mai perdere la propria identità. Poche nazioni al mondo possono vantare una tale ricchezza».
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