Niente trucchi ma trasparenza

Ovunque nelle democrazie occidentali la massoneria è una rispettabile associazione di cittadini che perseguono alcuni ideali, apertamente e orgogliosamente. In Inghilterra il capo della Gran loggia appartiene alla famiglia reale. Negli Stati Uniti molti presidenti sono stati alti dignitari massonici. In Francia per qualche tempo il gran maestro è stato il fratello del presidente Mitterrand.

Solo in Italia le cose vanno in maniera diversa. Dopo la stagione risorgimentale e post-risorgimentale in cui gran parte della classe dirigente liberale e democratica era legata alla massoneria, nel dopoguerra il Grande Oriente d’Italia e le altre maggiori osservanze massoniche, risollevatesi dai divieti e dalle persecuzioni del fascismo, hanno per di più svolto le loro attività in un cono d’ombra che ha facilitato la crescita di escrescenze come la P2 di Gelli, più gruppo di potere senza aggettivi che loggia massonica.

È per questo che da noi la massoneria ha una vita singolare, se confrontata con il resto dell’Occidente. D’altra parte l’opinione pubblica di solito guarda con sospetto dietrologico tutto ciò che ha a che fare con la massoneria, mentre da parte loro i «fratelli», per legittima difesa o per difetto di orgoglio identitario, tendono a operare protetti dalla riservatezza. Negli ultimi tempi, tuttavia, con il gran maestro Raffi, il Grande Oriente d’Italia ha fatto passi avanti sul terreno della pubblicità e trasparenza.

È in questo quadro che va considerata la pubblicazione dei nomi dei massoni di Livorno su un giornale locale. Ci dobbiamo però chiedere se ci si trovi di fronte a un’iniziativa tendente alla trasparenza, oppure se si tratti di un episodio con fini scandalistici. Se si trattasse del primo caso, saremmo d’accordo con l’esigenza della pubblicità che avrebbe potuto riguardare, così come la massoneria livornese, anche altre associazioni private come i partiti politici e le confraternite filantropiche, l’Opus Dei e i club tipo Rotary. La trasparenza senza secondi fini e strabismi, serve sempre a migliorare la convivenza democratica. Quel che tuttavia non quadra a Livorno è il fatto che gli elenchi dei massoni ora pubblicati provengono da un procedimento giudiziario che li ha acquisiti nel 2007 in base all’ipotesi che l’intera fratellanza locale fosse dietro un’attività di criminalità finanziaria; e che il loro attuale riciclaggio può essere funzionale a interessi che restano oscuri.

Si tratta della stessa logica distorta

della pubblicazione a catena delle intercettazioni telefoniche che partono da un’ipotesi di reato e finiscono per coinvolgere tutti coloro che hanno avuto a che fare con il telefono dell’indagato.
m.teodori@mclink.it

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