Un «no» ai Pacs senza estremismi

Sulla vicenda dei Pacs si intrecciano insieme una serie di questioni che vanno da quelle riguardanti la vita e gli affetti di migliaia di persone a quelle derivanti da problemi di principio. Su questa materia preferiamo un approccio che eviti, se è possibile, lo scontro fra opposti estremismi.
Noi sosteniamo una netta distinzione tra le unioni di fatto riguardanti gli eterosessuali e quelle riguardanti gli omosessuali. Per ciò che concerne le unioni di fatto riguardanti gli eterosessuali, ferma rimanendo la validità della contrattualistica privata in atto fra le parti (vedi quello che ha scritto la Bernardini De Pace) non c'è ragione di fare i Pacs. Infatti quegli eterosessuali che si preoccupano che la convivenza abbia conseguenze per ciò che riguarda eredità, reversibilità della pensione, assistenza sanitaria, assegni familiari ecc. possono ricorrere al matrimonio civile o religioso: non si capisce il senso di una tortuosa terza via tra unioni di fatto e matrimonio che certamente avrebbe come unica conseguenza quella di dare un colpo all'istituto del matrimonio che insieme alla famiglia va tutelato come elemento positivo sul terreno dei valori e della stabilità sociale.
Diverso è il discorso riguardante gli omosessuali che sono una realtà con la quale fare i conti senza l'esibizionismo subalterno dei gay-pride (vedi ciò che ne dice Stefano Gabbana in una bella intervista nella quale rivendica la sua storia personale e il suo rapporto con Domenico Dolce ma appunto respinge nettamente la spettacolarità autolesionista e provocatoria dei gay-pride) ma anche senza inaccettabili demonizzazioni (le battute sui «culattoni» sono insieme volgari e tristi). Crediamo che fare i conti con le diversità e le emarginazioni esistenti nella nostra società debba essere un tratto comune dello spirito laico e dello spirito cristiano. Allora coerentemente con una scelta di principio che ritiene che il matrimonio è il tratto caratteristico delle unioni stabili degli eterosessuali, vanno escluse per gli omosessuali quelle tristi parodie che sono i matrimoni gay ed anche la possibilità di adozioni di minori perché l'ambiente naturale nel quale deve vivere il bambino/a è quello costituito dalla persona del padre e della madre, cioè di un uomo e di una donna nella loro diversa affettività.
Se escludiamo per le unioni fra omosessuali (che comunque sono una realtà che riguarda migliaia di persone per bene) il matrimonio e le adozioni di minori, non si può però assumere un atteggiamento così punitivo da escludere la possibilità, se le parti in causa lo desiderano, di una sistemazione di questioni riguardanti l'eredità, l'assegnazione delle case popolari, la reversibilità pensionistica, l'assistenza sanitaria, la possibilità della visita in carcere, il subentro nell'affitto ecc. Questi nodi possono essere sciolti per via amministrativa o attraverso una legge? La parola è ai tecnici. Comunque, a nostro avviso, essi devono essere consentiti. Seguendo questa strada per un verso si difendono le famiglie e il matrimonio (che ha un senso solo nella sua accezione tradizionale) e nello stesso tempo si va incontro ad una situazione di diversità che esisterebbe comunque e che, nell'Occidente, è emersa esplicitamente sia pure fra mille problemi e drammi che nei limiti del possibile vanno alleviati. Non dimentichiamo le posizioni di Aznar e di Sarkozy che vanno molto al di là della linea qui indicata.
Su questo tema non condividiamo due posizioni. Quella di un governo che ha fatto propria una posizione del tutto laicista: l'equiparazione fatta dal governo sul terreno dei Pacs delle questioni riguardanti le unioni di fatto eterosessuali e quelle omosessuali rischia di porre in essere un pasticcio che potrebbe colpire l'istituto del matrimonio. Non condividiamo nemmeno, però, la posizione di chi esprime un no globale su tutto, anche alla regolazione chiaramente non matrimoniale delle unioni omosessuali.
Certamente su questo e altri temi il rapporto fra cattolici e laici è assai complesso, lo è diventato ancor di più nel momento nel quale da un lato è finita l'unità politica dei cattolici e dall'altro cattolici e laici sono collocati in entrambi gli schieramenti. La condizione per la loro convivenza nello stesso schieramento, anzi nello stesso partito (è il caso di Forza Italia) è che i cattolici non scelgano una posizione clericale-integralista pretendendo di far assumere al loro polo questo tipo di posizione e che a loro volta i laici non si arrocchino su una posizione laicista-anticlericale. L'operazione è difficile, richiede una grande volontà/capacità di ascolto delle posizioni altrui, una notevole umiltà nel confronto. Detto tutto questo non c'è dubbio che, tenendo conto della gravità della situazione italiana, faremo ogni sforzo per conciliare la nostra posizione, che è pragmatica-laica, non ateo-devota e non laicista, con la necessità di condurre una battaglia politica frontale contro l'attuale governo.

Sappiamo anche che, fatta eccezione per i radicali, per lo Sda, per i miglioristi dei Ds, i laici della sinistra sono la negazione vivente del laicismo inteso come tolleranza liberale perché essi sono impregnati di una cultura giacobina giustizialista, statalista, massimalista. Personalmente da «laici» come Caselli, D'Ambrosio, Fassino, Violante, Diliberto ed Epifani mi sento più lontano che da molti cattolici: il che è una delle ragioni fondanti di quel grande movimento che è Forza Italia.

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