No a cambiali in bianco

La storia spesso ama ripetersi, ma non sempre con le stesse sembianze. Il Kosovo non è l’Afghanistan e il mondo del 1999 non è quello che viviamo dopo l’11 settembre 2001. Non c’è spazio per chi sceglie la via del disimpegno e dell’opportunismo. Il governo Prodi ha ordinato il ritiro dall’Irak e presto dovrà decidere cosa fare in Afghanistan con la missione Nato. La sinistra si troverà di fronte a una scelta: confermare l’adesione dell’Italia ai valori dell’Occidente o rompere mezzo secolo di atlantismo. Di fronte a una scelta così grave, può il centrodestra soccorrere l’Unione con i propri voti?
Quando si decise di bombardare il Kosovo per chiudere la macelleria di Slobodan Milosevic, il centrodestra salvò il governo D’Alema che non aveva i numeri necessari per autorizzare la missione. Fu una decisione giusta non perché si trattasse di una «guerra umanitaria» (definizione ipocrita) ma perché in gioco vi era il destino stesso dell’Europa che assisteva impotente a una vera e propria pulizia etnica nel cortile di casa.
Nel caso dell’Afghanistan, è bene ricordarlo, una missione c’è già, è quella nata dall’operazione Enduring Freedom che ha liberato quel Paese dal regime talebano e da Osama Bin Laden. Il lavoro non è finito, l’Afghanistan ha ancora bisogno di aiuto. Su questo l’Unione è chiamata a decidere, non su astratti slogan pacifisti. Su questo l’Unione è divisa, lacerata, il governo già in bilico. Bisogna dunque sapere che se il centrodestra vota il rifinanziamento con il centrosinistra, lo salverà dalle sue frange estreme. C’è ovviamente un interesse nazionale che supera gli interessi di parte, ma la Casa delle Libertà su questo punto delicatissimo è bene che apra una seria discussione e trovi rapidamente una strategia comune.
È apparsa dunque prematura e con un orizzonte limitato la posizione espressa ieri da Maurizio Ronconi per l’Udc: «Solo nel caso di una eventuale fiducia al governo l'Udc sarebbe nella impossibilità di votare il rifinanziamento e il rafforzamento del contingente militare in Afghanistan. In tutti gli altri casi, essendo una missione Nato, sotto l'egida dell'Onu, non è immaginabile un voto parlamentare contrario e neppure di astensione».
Siamo certi che questa sia cosa buona e giusta? A Prodi basta rinunciare alla fiducia per guadagnare i voti centristi o di tutta la Cdl? È politicamente sufficiente per il centrodestra?
Noi crediamo di no. Sarebbe come firmare una cambiale in bianco a Prodi e la Casa delle Libertà, proprio in virtù delle sue scelte vincenti in politica estera, non può permetterselo. Il centrodestra ha davanti a sé due soli scenari possibili: 1. Prodi pone la fiducia sull’Afghanistan e allora si assume la responsabilità di gestirla e ottenerla in aula, pena la caduta del governo; 2. Prodi non pone la questione di fiducia e la Cdl presenta una sua mozione sulle missioni all’estero sulla quale far convergere i voti del centrosinistra riformista.
La Casa delle Libertà non può esporsi con profferte di aiuto che per ora non le sono state richieste. Deve invece elaborare subito un documento comune che ribadisca le linee di politica estera che ispirano il nostro Paese: la difesa della libertà e della democrazia per tutti e non solo per se stessi, la lotta contro il terrorismo senza cedimenti, il multilateralismo, la centralità dell’Onu (e la sua riforma, prima che sia troppo tardi), della Nato (e il suo rafforzamento) e soprattutto dell’alleanza con l’Occidente, di cui gli Stati Uniti sono il simbolo. Punti irrinunciabili che non possono essere barattati con vantaggi tattici o manovre di piccolo cabotaggio.

Sostituirsi a Bertinotti e compagni per un mattino, senza ribadire la propria identità e la propria storia, non significa fare gli interessi del Paese, ma salvare una maggioranza che pensa unicamente a governare il proprio potere.

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