Noi antimoderni i veri progressisti

Giordano Bruno Guerri, con tutta l’immensa pletora di persone gioiose che la pensano come lui, crede di rappresentare il top della Modernità. E ha ragione. Peccato che la Modernità, che ha inizio con la Rivoluzione industriale a metà del 1700, più di due secoli e mezzo fa - secoli in cui la storia ha corso a velocità missilistica - sia nel frattempo parecchio invecchiata. Non è più affatto moderna. Per meglio dire: non è più attuale.
Io penso che riflettere, oggi, su un modello di sviluppo che, oltre a passare, con la sua velocità sempre crescente, con i suoi ritmi insostenibili, con le sue necessità sempre più pressanti, sul massacro delle popolazioni del Primo e del Terzo mondo, va incontro a un inevitabile collasso perché le crescite esponenziali, su cui si basa, esistono in matematica, non in natura, sia almeno lecito senza dover incorrere nelle facili ironie dei Giordano Bruno Guerri della situazione. In ogni caso quando, dopo un viaggio in Africa Centrale, pensai La ragione aveva torto?, che è il mio primo libro che semina, argomentandoli, dubbi sulle «sorti meravigliose e progressive» della Modernità, era il 1980.

Avevo 36 anni. E comunque se noi antimodernisti siamo dei «nonni», Giordano Bruno Guerri e tutti quelli come lui, che poggiano comodamente il sedere su un pensiero vecchio di due secoli e mezzo, sono degli antenati.
Massimo Fini

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