Tutto così com’è. I vertici delle grandi società a controllo pubblico - Eni, Enel, Terna, Finmeccanica, Poste, tutti in scadenza- resteranno gli stessi, salvo qualche piccolo aggiustamento. A 20 giorni dal termine per la presentazione delle liste per i consigli d’amministrazione (previsto tra il 2 e il 4 aprile),l’orientamento che arriva da Roma è questo. E non solo per gli amministratori delegati, ma anche per i presidenti che in alcuni casi sembravano destinati a lasciare la mano. Così sono saldi più che mai, all’Eni, l’ad Paolo Scaroni e il presidente Roberto Poli: toccare la governance e la squadra Eni in questo delicato momento significherebbe lanciare nuovi manager sul fronte della polveriera libica e più in generale su quello della politica energetica in piena crisi petrolifera.
Nessun problema anche all’Enel, per l’ad Fulvio Conti e il presidente Piero Gnudi; e per la coppia Flavio Cattaneo e Luigi Roth di Terna. Rimane al vertice di Finmeccanica anche Pier Francesco Guarguaglini, presidente e ad, che pure quest’estate sembrava spacciato per l’inchiesta giudiziaria che ha coinvolto la moglie, Marina Grossi, ad della controllata Selex. Guarguaglini, mai indagato, ha recuperato terreno al punto che per lui si prospetta la conferma alla presidenza, con l’assegnazione di deleghe pesanti (si parla dell’estero che per Finmeccanica è quasi core business). Mentre per la guida operativa potrebbero arrivare due manager del gruppo a spartirsi le deleghe: Giuseppe Orsi, oggi ad di Augusta Westland, fortemente voluto dalla Lega, e Giuseppe Zampini di Ansaldo Energia. In ogni caso il ruolo di Guarguaglini resterebbe strategico.
Qualche certezza in meno esiste su Poste, società non quotata, nella quale Massimo Sarmi è ancora più saldo al comando dopo aver presentato un bilancio record con un miliardo di utile netto. E dopo aver risposto alla chiamata di Giulio Tremonti per la Banca del Sud. Eppure anche in questo caso il disturbo della Lega si fa sentire e il nome che continua a girare è quello di Danilo Broggi, oggi alla Consip.
A lasciare le cose relativamente immobili è il combinato disposto tra eventi esterni e clima interno al palazzo. Sul primo fronte,come detto,l’instabilità internazionale sconsiglia di modificare gli assetti di gruppi attivi all’estero come Eni e Finmeccanica. Mentre per quanto riguarda il secondo lato si registra un sostanziale stallo tra i due king maker delle nomine: il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta e il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Entrambi sono dati in eterno contrasto sui nomi e le strategie. Ma proprio per questo, in un momento politico di particolare incertezza e di inedita debolezza per il centro- destra, il mantenimento dello status quo appare la soluzione più saggia e meno invasiva. Anche perché sullo sfondo della partita nomine pendono due inchieste giudiziarie che, almeno in linea teorica, indeboliscono entrambi i contendenti. Due inchieste napoletane: la prima, guidata dai pm Woodcock e Curcio e denominata «P4», riguarda una presunta organizzazione segreta che influenza istituzioni e affari, e coinvolge come testimoni sia Scaroni sia Letta. La seconda, emersa qualche tempo fa, è l’«operazione Malta», e riguarda il braccio destro di Tremonti Marco Milanese.
L’altro elemento che sembrava poter incidere su qualche cambiamento è il desiderio della Lega di contare di più.
Ma l’orientamento emerso è quello di tutelare il mercato e gli investitori esteri senza dare l’impressione che le nomine, ancorché quelle di presidenti non operativi, rispondano a logiche politiche. Dunque qualche cambiamento di nomina pubblica, nei cda, potrebbe riguardare l’uscita di membri vicini a Casini o Fini a favore di uomini di fede leghista. Ma non nei vertici.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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