Non c’è più religione: all’asta la bibbia del calcio

In crisi economica lo Sheffield, la squadra più antica del mondo, ha deciso di vendere le minute manoscritte del primo regolamento calcistico datato 1858. I collezionisti già in caccia. Prezzo: più di un milione e mezzo

Non c’è più religione: all’asta la bibbia del calcio

Sir Nathaniel Creswick è sempre stato un tipo bizzarro, quasi da show dei record. Riuscì, per esempio, a fondare la prima squadra di calcio, lo Sheffield Football Club, anno di grazia 1857, prima ancora che nascesse il calcio. E piazzò la sede del club dentro una serra fiorita. Giocava a pallone, che allora veniva guardato come oggi il boardercross o il bike polo, con i membri del circolo dove andava tutti i giorni a scambiare due chiacchiere e bere un paio di drink, nonostante il club fosse di cricket e basta, che era lo sport più glam del momento.

Il problema era tenersi in forma nei mesi invernali perchè il fitness era importante pure nella seconda metà dell’Ottocento anche se non si chiamava mica fitness. É così che è nato il calcio. Per noia. Per riempire le ore buche. Il papà di Nathaniel, argentiere, voleva un figlio avvocato, lo fece studiare alla Sheffield Collegiate School, non poteva immaginare di cosa sarebbe stato capace il suo ragazzo. Inventò il calcio moderno con un amico, William Prest, cioè in sostanza cambiò il mondo, come Alessandro Magno, come Leonardo da Vinci, e niente dopo fu più come prima.

É merito di quei due se una traversa di legno prese il posto di un semplice cordino teso tra due pali, ed è sempre loro l’invenzione del calcio d’angolo, della punizione, del fallo di mano, della rimessa in gioco. Cioè i Dieci comandamanti del più grande spettacolo del mondo, l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. O forse matematica. Quando lo Sheffield portò il calcio a Londra, 1875, fu stabilita anche la durata di una partita: 90 minuti, suddivisi in due tempi di 45 minuti. Così perfetto nella sua imperfezione da diventare eterno.

Ma adesso c’è la globalizzazione, la crisi economica, la memoria che va via con l’età. E Sheffield, la città delle Sette Colline e di Full Monty, la prigione di Maria Stuarda e la culla di Joe Cocker, fissa con un certo distacco quel che resta del passato oltre il filo dell’orizzonte. Le tavole della legge, cioè quelle minute scritte a mano del primo regolamento del pallone, vanno all’asta da Sotheby’s a luglio come un mobile qualsiasi, inseguite solo da qualche malinconia.

E secondo le previsioni del «Financial Times» sono destinate a superare il milione e mezzo di euro. «L’enorme interesse che abbiamo registrato riflette il fatto che il calcio oggigiorno è uno sport di dimensioni mondiali» sono le educate banalità di Gabriel Heaton, esperto di Sotheby’s, che rivela: i documenti sono stati portati anche a Parigi, New York e Doha per trovare acquirenti. Cioè indietro non si torna.

Richard Tims, presidente dello Sheffield che oggi milita sette campionati sotto della Premier, dice che la decisione di cedere l'archivio è stata più dura di un tackle di Vinnie Jones, ma inevitabile per salvare un club che raduna ventisette squadre, tra cui quattro squadre di ragazzi con handicap, e ha fondato centri solidali in Africa.

Ma dopo aver visto lo scorso dicembre la stessa Sotheby’s vendere la Bibbia del basket a 2,7 milioni di euro, quattro volte tanto le iniziali attese, ci ha ripensato. E ha venduto il passato per pagarsi il futuro. Forse era ora. Sheffield, che ha creato tutto, in 150 anni di storia non ha mai avuto un campo di calcio. E la vita è adesso.

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