«Non firmerei neppure ora Piuttosto le dimissioni»

Stefano Zurlo

Ministro Castelli, il giorno dopo l’udienza arriva il verdetto della Consulta. Stupito?
«Ammirato da tanta celerità. Magari funzionassero così i tribunali normali».
Il caso Bompressi è chiuso. Lei ha perso.
«Me l’aspettavo. Era difficile immaginare una Consulta in contrasto con il Quirinale».
Se è così, chi gliel’ha fatto fare?
«Certe questioni non si negoziano».
Nemmeno se a premere è il Quirinale?
«Certe cose ora si possono rivelare: io e Ciampi ci siamo sempre detti che il nostro era un conflitto circoscritto. Questa querelle non ha mai inficiato i nostri rapporti personali, sempre ottimi».
Un attimo. Ammettiamo che a celerità si aggiunga altra celerità, ammettiamo che domani o dopodomani le arrivi la grazia da controfirmare per Ovidio Bompressi. Firma?
«Non firmo».
Sta scherzando?
«No, seguo il suo ragionamento. Mi dimetterei anche dal disbrigo degli affari ordinari e andrei subito a svolgere il mio nuovo ruolo di capogruppo per la Lega al Senato. Se posso coniare un neologismo, mi bidimitterei».
È pronto a disubbidire al Quirinale e alla Consulta?
«Io non disubbidirei a nessuno. Me ne andrei e Berlusconi assumerebbe l’interim. Anzi, preciso che se questo verdetto fosse arrivato prima, mi sarei dimesso allora. Un anno fa o due, non fa differenza».
Perché questo no assoluto alla grazia per Bompressi?
«Nessun preconcetto. Io dico che, a queste condizioni, e sottolineo a queste condizioni, non firmerei».
Quali condizioni?
«Il detenuto, secondo la prassi vigente, deve aver scontato una certa parte della pena, deve aver chiesto la grazia, deve avere tenuto un comportamento corretto...».
Le risulta il contrario?
«Bompressi ha tenuto un comportamento corretto e ha chiesto la grazia. Fra qualche anno potrebbero maturare quelle condizioni e in quel caso, sempre seguendo un ragionamento teorico, io firmerei».
Questa è una notizia. E per Sofri?
«Certo, il fantasma di Sofri aleggia dietro questa storia».
Sofri non ha chiesto la grazia.
«E infatti è tutta un’altra storia, ma è inutile fare accademia in astratto. Il caso è chiuso».
Non sarebbe stato il caso di concedere il perdono a Sofri e Bompressi proprio per chiudere una pagina di storia nel segno della pacificazione?
«Queste questioni fanno a pugni con considerazioni di carattere politico».
Sofri oggi è malato.
«Infatti è libero, la pena è sospesa».
Distinguiamo l’aspetto personale da quello giuridico. La Consulta ha stabilito che il potere di clemenza non va spartito fra Presidente e Guardasigilli, ma appartiene per intero al Quirinale.
«Bene, la Corte ha fatto chiarezza. Leggeremo le motivazioni, certo dovranno cambiare i meccanismi che regolano la macchina della clemenza».
A che cosa si riferisce?
«Il potere di interdizione del ministro è sempre stato molto forte. Fino a questa tornata, il ministro proponeva al Quirinale i dossier che riteneva meritevoli e archiviava gli altri senza nemmeno avvisare il presidente».
Poi?
«Su richiesta di Ciampi ho aggiunto un passaggio. Gli davo notizia delle bocciature».
E lui?
«Non ha mai avuto nulla da obiettare, e sto parlando di più di cento casi. Mi ha contestato una volta sola: per Bompressi. A questo punto penso che dovrà essere il Quirinale a istruire le pratiche».
In cinque anni lei ha controfirmato molte grazie. Ricorda qualche nome?
«Anzitutto Vito De Rosa, dimenticato per 51 anni in un ospedale psichiatrico della Campania. E poi un maresciallo dei carabinieri che era stato condannato a 14 anni per aver ucciso un ladro».
Adesso?
«Ho appena firmato un importante accordo bilaterale fra l’Italia e gli Usa. Continuo col mio lavoro, poi andrò a fare il capogruppo al Senato.

Il presidente della Consulta Annibale Marini è stato davvero molto saggio a fissare l’udienza per il 2 maggio. Il caso è chiuso, ma con ogni probabilità a scrivere la parola fine saranno un nuovo presidente e un nuovo Guardasigilli».

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