«Non resteremo al freddo»

Scaroni: «Qualche rischio c’è: ma prima ridurremo le forniture alle imprese»

La Russia riduce le forniture di gas e noi siamo costretti ad abbassare la temperatura dei nostri termosifoni. Siamo o non siamo alla canna del gas? Di questo ha parlato Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni, con Maurizio Belpietro, direttore del Giornale durante la trasmissione televisiva L’Antipatico in onda ieri sera in seconda serata su Rete 4.
Il ministro Scajola dice che non c’è il rischio di rimanere senza riserve. Lei, invece, sembra meno convinto.
«Continuo ad essere preoccupato, perché non abbiamo ancora terminato la stagione. I consumi sono ancora molto alti, fa freddo e quindi non considero che siamo ancora fuori dall’emergenza».
Lei ha detto che se l’emergenza dovesse continuare, sarete costretti a tagliare le forniture di industrie e centrali. Ma esiste davvero questo rischio?
«Questa è una decisione che spetta naturalmente al ministro, noi non possiamo tagliare niente a nessuno. Qualche rischio c’è, nel senso che, se dovesse venire a mancare gas di importazione o se i nostri stoccaggi dovessero esaurirsi più rapidamente del previsto, qualcuno dovrà rinunciare al gas. E chi sarà? Prima si interverrà sull’industria, poi sulla fornitura ai produttori di energia elettrica e solo alla fine, eventualmente, si potrà agire sulle famiglie».
Ma come è possibile che ci sia questo rischio di rimanere al freddo, visto che in Italia paghiamo una delle bollette energetiche tra le più alte in assoluto? La famiglia italiana paga, se non sbaglio, 1.600 euro l’anno, quella francese soltanto 600. Perché?
«Noi importiamo durante l’anno una quantità di gas diciamo così “fissa”, che vale per tutte le stagioni. Però durante l’inverno i consumi aumentano perché tre case su quattro in Italia vengono riscaldate a gas. Allora che cosa avviene? Stockiamo il gas in giacimenti esausti di metano per andarlo a prendere durante l’inverno. Questo avviene da sempre, avviene in Italia, avviene in qualunque Paese al mondo. Quest’anno che cosa è successo? Innanzitutto ha fatto più freddo e quindi di questo gas se ne è richiesto di più. In secondo luogo la produzione di energia elettrica italiana ha esportato verso i Paesi a noi limitrofi, Francia, Germania e Svizzera e abbiamo importato meno. Il che ha fatto sì che i consumi elettrici siano andati a pescare in quegli stoccaggi che erano stati fatti proprio per le famiglie».
Sulle riserve.
«Oggi abbiamo tre miliardi e mezzo di riserve in meno di quello che avremo in un inverno normale».
Che autonomia abbiamo con queste riserve?
«Le riserve che abbiamo oggi sono circa cinque miliardi e mezzo di metri cubi. In Italia si consumano nei giorni feriali un po’ meno di 400 milioni di metri cubi al giorno. Quindi, teoricamente, abbiamo una decina di giorni di riserve. In realtà, siccome continuiamo a importare, le riserve contribuiscono soltanto per una piccola parte dei nostri consumi».
Non è il caso di ripensare a una scelta come quella dell’energia nucleare?
«Siamo l’unico Paese in Europa, e credo anche al mondo, che ha puntato massicciamente sul gas per produrre energia elettrica. Il 60% della nostra energia elettrica viene dal gas. Il gas ha dei prezzi che sono legati al prezzo del petrolio».
Quindi, in questo momento, siamo il Paese che paga di più.
«In questo momento siamo un Paese che paga molto caro e se i prezzi del petrolio rimarranno alti, la competitività del nostro Paese ne soffrirà. Abbiamo rinunciato al nucleare nell’87 e questo ci ha privato di una fonte energetica che non dipende dai prezzi del petrolio. In secondo luogo abbiamo poco carbone e, malgrado ci siano dei grossi investimenti sul terreno delle nuove centrali a carbone pulito, questi investimenti non sono ancora entrati in funzione. Quindi credo che la scelta del gas, che l’Italia ha fatto, ce la porteremo dietro per almeno altri dieci anni».
Ma non sarebbe il caso di pensare a qualche altra fonte? Al nucleare, per esempio?
«Sarebbe il caso, soprattutto, per produrre energia elettrica. Io sul nucleare sono un po’ scettico perché in un Paese dove non si riesce a scavare il tunnel in Val di Susa, non riesco a immaginarmi come si farà a fare una centrale nucleare. Sono comunque favorevole a una scelta per il nucleare soprattutto per ragioni ambientali, perché è l’unico modo di produrre energia elettrica senza emissioni e l’unico modo per fronteggiare davvero l’effetto serra».
Si dice che per l’Italia lavorino circa otto centrali estere per fornire l’energia che noi compriamo.
«Noi importiamo circa il 15% dell’energia che consumiamo e una gran parte è di origine nucleare».


Perché in Italia non sono mai stati fatti i rigassificatori e ancora oggi se ne discute?
«Si è cercato di fare i rigassificatori a più riprese: si è cercato con Montalto, si è poi cercato con Monfalcone. Io quando ero all’Enel ho cercato di farlo a Brindisi. Abbiamo incontrato delle fortissime opposizioni da parte dei locali che hanno impedito la costruzione di un rigassificatore».
(ha collaborato Valerio Barghini)

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