Nord contro Sud, la sfida si gioca in tv

Ci sono state giornate in cui si è sentito finito. Capita, quando si ha già un pezzo di futuro dietro alle spalle, le tempie già un tantino innevate e si è costretti a ricominciare daccapo. Però poi ci sono state altre giornate in cui, alzandosi dal letto, si è messo a gustarsi tutto ciò che non era più capace di capire ormai da troppo tempo: piccoli momenti di trascurabile felicità. E ce ne sono state altre ancora in cui ha pensato di muoversi in un mondo in cui «l’onestà intellettuale» veniva scambiata per una nuova malattia, roba da farci su un Telethon e iniziare la ricerca. Avendo pagato, come ha pagato, quel rigurgito di coerenza che dal ring di Buona Domenica (dove per lui si tiravano ormai pugni troppo sotto la cintola) lo ha spinto agli angoli della tv per quattro anni.
Oggi che in tv lo rivogliono, Claudio Lippi si è armato della sua autostima critica, di una fifa scaramantica, di un’emozione da «prova» e ha rispolverato il mantra che ha tenuto riposto nell’armadio per tutto questo tempo, certo del fatto che prima o poi gli sarebbe servito di nuovo: «Ogni impegno è un debutto». Il debutto è previsto per il 30 dicembre. Una manciata di ore prima che inizino le celebrazioni per i centocinquant’anni d’Italia. «Mi piacerebbe, una volta tanto, arrivare prima di Baudo e di Vespa...» scherza rinvigorito. Si intola I Love Italy, infatti, la puntata «pilota» («che termine...» commenta lui rassegnato) che andrà in onda in prima serata su Raidue e che servirà da test per altri cinque speciali in primavera.
Prodotto dalla Toro, il format va alla scoperta del Belpaese, testa le differenze tra nord e sud e la conoscenza che gli italiani hanno della propria patria. A esercitarsi attorno agli argomenti che caratterizzano lo Stivale (monumenti, cibo, calcio, tv, Sanremo...) otto «vip» («che termine anche questo...» commenta sempre lui, stavolta un po’ indignato) e i sindaci di due paesini di diversa latitudine, agghindati perfino di fascia tricolore, che si sfideranno in un quiz sul paese Italia. A capitanare i “nordisti” Amadeus, a guidare i “sudisti” Giancalo Magalli.
«Vuole essere un gioco» chiarisce Lippi, «qualcosa di disimpegnato, di educato, di non violento. Se poi servirà anche a riflettere un po’ su certi tic, su certe mancanze o su certi luoghi comuni, tanto di guadagnato». Torna e si riappropria di ciò che sa fare Lippi. Di ciò che gli somiglia. La polemica a seguito della quale si è sistemato sotto un cono d’ombra per questi anni gli è ormai evaporata dalla testa. Non perché non fosse convinto di ciò che denunciava allora, quanto perché, durante quei piccoli momenti di trascurabile felicità, una delle cose che ha compreso meglio è che non c’è tempo per portare rancore. Ha avuto testimonianze di solidarietà subito dopo lo scontro, poi, come sempre accade, la presenza degli amici è andata via via affievolendosi, «ma in effetti... solidarietà... non ero mica morto, mi ero solo ritirato. E se c’è una cosa che mi ha fatto piacere in questi anni difficili, è che non mi sono mai sentito dire “ma che fine hai fatto?”, quanto piuttosto “ma quando torni?”. Diversamente non avrei retto». Fare il bilancio di una crisi a crisi finita ha tutto un altro sapore. Non ti si impasta più la bocca, non inciampi più nei dubbi, non vai più in affanno. E oggi è a crisi finita che Lippi parla. Ma quattro anni non sono stati semplici. «Ho avuto anche problemi di tipo economico, non avendo purtroppo mai ottenuto gli ingaggi calcistici di Bonolis».
Da telespettatore, in questi quattro anni, Lippi è rimasto un fervente sostenitore del piccolo schermo: «è troppo facile sparargli addosso come oggi fanno in tanti» anche se ha trovato Vieni via con me solo «un buon prodotto evento ma indilatabile per più di quattro puntate», se condivide il lesinarsi di Fiorello, se spiega che il suo ruolo da maratoneta della tv è più difficile e faticoso. «Una cosa è condensare tutto ciò che sai fare in una produzione sensazionale e di breve durata. Un’altra è dover tenere il fiato per più puntate, ritrovare il pubblico sera dopo sera e riagganciarlo...». Lui si sente pronto. Si è riposato anche troppo, si è dovuto difendere dalle diffidenze che attira su di sè chiunque si sporchi la fama con idee troppo nette e questioni di principio infrequentabili.
Ma adesso è arrivato questo programma che è come una nuova fidanzata dopo un divorzio doloroso.

Parlerà della patria e lo farà da un’altra patria (la Rai) dopo aver provato lo spaesamento di non averne avuta una per quattro anni di lunghissimo esilio. Dice di ricordarsi di un altro genere di tv e di volerlo far ricordare anche a noi. Italiani...

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