nostro inviato a Treviso
Partiamo da un esempio piccolo piccolo. Partiamo da un odontotecnico di Treviso, Paolo Bianconi, 50 anni, moglie e un bimbo di sei anni. Lavora da venticinque anni, Bianconi. Stessa banca, non funzionari asettici, ma amici. Che conoscono la sua voglia di crescere e di investire. E anche, ovviamente la sua serietà nel restituire puntualmente il denaro preso in prestito. Solo che adesso, o meglio da sei mesi a questa parte lo stanno facendo dannare. La sua vecchia banca si è fusa con altre banche, ci sono solo facce inespressive e non più amici. E in banca, dove lo conoscevano da 25 anni, fanno finta di non conoscerlo.
E così, quando gli chiediamo come si sente, Bianconi sbotta: «Stiamo pagando noi il conto del fallimento di questo sistema che privilegia Ferrovie, Parmalat, l'Alitalia ecc., ma penalizza le piccole medie imprese, e mette al tappeto il piccolo artigiano. Sa quanto ho chiesto io per ingrandire il laboratorio? 35 mila euro, mica miliardi. Ma sghei per me non ce ne sono. Per me hanno deciso che devono chiedere autorizzazioni a Padova e poi dopo Padova chissà dove, anche se ho una casa di mia proprietà anche se c'è la garanzia di questo laboratorio in piazza dei Signori, valore 215mila euro. Qui conoscono tutti la mia storia. Non sono garanzie queste, che altro vogliono? Ma sì, vogliono che il conto di questo disastro lo paghi ancora una volta il Nord Est».
Ma la soluzione, che è anche una provocazione è dietro l'angolo. Perché da piazza dei Signori a via Zalivani, quartier generale della Confartigianato della Marca Trevigiana non è un gran viaggio ma è come percorre trasversalmente la realtà di questo Nord-Est (solo nella Marca ci sono 26 mila imprese medio-piccole) che si replica in fotocopia fino a Mestre. «Le banche non ci stanno più ad aiutarci? E allora noi ci facciamo la nostra banca. Lo scriva pure: è una dichiarazione di guerra in piena regola. Diventeremo noi, con l'Artigiancassa la banca dei piccoli e medi imprenditori» attacca Mario Pozza anima e dinamite della Confartigianato della Marca.
Quindi? «Nel Trevigiano avvieremo un esperimento pilota che interesserà gradualmente tutto il Veneto. Apriremo sportelli dell'Artigiancassa in tutte le sedi delle nostre associazioni di categoria. E garantiremo noi il cinquanta per cento dei finanziamenti che i nostri associati chiederanno per avviare o irrobustire le loro aziende. Le banche quelle grandi, quelle ubriacate dalle fusioni, che hanno perso di vista la realtà del nostro territorio, se ne pentiranno. Anche perché pubblicheremo una lista nera di tutti quegli istituti di credito che credito non lo danno più perché non si fidano più di noi. In Italia, qui lo abbiamo capito oramai, non ci sono solo le regioni a statuto speciale ci sono anche le imprese a statuto speciale. Le imprese cui è permesso tutto, persino di rovinare i risparmiatori e di rimanere impunite, anzi aiutate dallo Stato. Noi qui invece ci spacchiamo la schiena dalla mattina alla sera per avere in cambio solo la diffidenza delle banche, ecco perché abbiamo deciso di muoverci in prima persona: l'hanno voluto loro i capitani d'industria specializzati negli incesti azionari che si arrivasse a questa situazione».
L'autofficina di Roberto Bottan a Mestre è in piedi da cinquant'anni, e lui, Roberto, ci lavora con un socio e altri cinque dipendenti da venti. Non solo riparazione e interventi meccanici ma anche allestimenti di mezzi speciali e vendita di pulmini. «Abbiamo cominciato i lavori per un nuovo capannone e abbiamo chiesto 300 milioni, ma adesso siamo qui, con il fiato sospeso, perché tutti sembrano preoccuparsi solo delle grandi imprese. Lunica speranza sta nella nostra banca, la Cassa di risparmio del Veneto: conoscevano mio padre, conoscono me. Insomma, a meno di una rivoluzione dovrebbero fidarsi. Ma un mio collega si è trovato con il fido dimezzato perché la sua banca si è fusa con un'altra cui aveva chiesto credito, non so se mi spiego». «Siamo già seduti per terra, non possiamo cadere tanto più in basso» tenta di esorcizzare il segretario dellAssociazione artigiani e piccole imprese di Mestre, Giuseppe Bortolussi. Nellarea di Mestre ci sono diecimila piccole imprese e la media è di due dipendenti ad azienda. Le banche venete hanno perso tutte le battaglie, sono rimasti pochissimi istituti di credito legati al territorio che conoscono la solvibilità della gente di queste parti. Ci hanno sempre considerato dei nani. E vogliono fregare un'altra volta il Nord-Est.
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