Di successioni ne ha viste tante, perché la sua è una famiglia di notai. Lui, Giampaolo Marcoz, del Consiglio del Notariato è vicepresidente, con studi ad Aosta e Morgex: «Negli ultimi anni non c'è stata solo la tendenza ad un aumento del patrimonio ereditario. È cresciuta la sensibilità, si cerca di gestire meglio l'intero percorso della successione».
In pratica?
«In pratica ci sono più donazioni e più testamenti. Ci si pone prima il problema. La ragione forse è proprio economica: visto che le nuove generazioni fanno fatica ad avviare una carriera o un'impresa, il trasferimento dei beni familiari è diventato fondamentale. E questo si sposa con quello che abbiamo sempre detto noi notai: meglio anticipare le decisioni per evitare la formazione di una comunione indivisa tra eredi, che è sempre fonte di potenziali conflitti. Bisogna anche aggiungere che a far crescere le donazioni in Italia è stato un altro elemento specifico».
E cioè?
«C'è sempre la preoccupazione che l'imposta, che colpisce l'eredità e, appunto, le donazioni, possa aumentare. Da questo punto di vista l'Italia ha una tassazione particolarmente favorevole, con aliquote molto basse. Lei pensi che per chi non è legato da rapporti di parentela si parla dell'8% a cui si aggiunge il 3% di imposte ipotecarie e catastali se ci sono beni immobili. In Francia l'aliquota è del 60%. E infatti molto spesso i beni vengono semplicemente lasciati dal notaio perché li metta in vendita».
In Italia toccare le tasse di successione è materia politicamente delicata.
«Sì, la mentalità italiana è che il patrimonio familiare debba, appunto, restare in famiglia e il più possibile integro, senza intrusioni. Naturalmente anche il tema dell'eredità risente dei tanti cambiamenti sociali».
Che cosa intende?
«Le faccio un paio di esempi. Il primo: negli anni più recenti il cane di casa è diventato quasi un componente della famiglia. Visto che non si può fare testamento direttamente a favore dell'animale, sono aumentati i casi di chi lascia anche somme importanti a una persona, purché però questa si faccia carico del cagnolino».
Il secondo esempio?
«Riguarda vicende spesso complesse da gestire. Quelle in cui il testamento non è più solo lo strumento per pianificare la successione, ma anche l'occasione per regolare i conti dal punto di vista morale e psicologico con le persone da cui si è circondati. Chi lascia le ultime volontà sa che saranno lette e applicate quando chi scrive non ci sarà più».
E quindi?
«Quindi può cogliere l'occasione per diseredare i parenti più vicini, come figli e fratelli. Nel mio studio solo nel 2020 è già successo tre volte. Quando a ricevere tutto è la badante, come succede sempre più spesso, si apre di solito la strada a ricorsi e denunce. Oppure si lascia erede universale la nuova compagna che non è la moglie, escludendo i figli di primo letto».
I quali, però, hanno diritto alla cosiddetta quota legittima.
«I figli hanno diritto di agire in giudizio per vedere salvaguardata la parte dell'eredità che spetta loro per legge. Ma questo non vieta a chi fa testamento di escluderli. E capita anche che ci sia chi dice: se questa è la volontà di papà...».
Voi notai avete comunque chiesto delle riforme...
«In termini generali chiediamo più certezza e snellezza in tutto il campo successorio. Poi un tema che ci sta a cuore riguarda proprio le donazioni. Io in vita posso donare un bene a un figlio, ma il diritto degli altri a ricevere la legittima fa sì che fino all'apertura della successione questo bene sia in qualche modo a circolazione limitata.
Le banche, per esempio, fanno fatica ad accettarlo come garanzia di un prestito perché può essere oggetto della cosiddetta azione di restituzione. Anche in chiave di sviluppo del Paese è un'incertezza che ha conseguenze importanti».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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