Nucleare, nuove minacce dell’Iran La Cina: «No a sanzioni dell’Onu»

Oggi all’Aiea il voto per il deferimento. Rafsanjani: «Un grave errore»

Marcello Foa

Doveva essere una riunione breve, ma non sono bastate 48 ore all’Agenzia internazionale per l’energia atomica per decidere se deferire l’Iran al Consiglio di sicurezza dell’Onu per i suoi programmi nucleari. Solo questa mattina i 35 membri dell’Aiea troveranno un accordo o perlomeno così si spera. E intanto Teheran ne approfitta per alzare ancora una volta i toni della polemica. Ieri ha parlato il presidente Mahmud Ahmadinejad e in sé non è una grande novità. Da giorni ripete che il suo Paese «andrà fino in fondo», perchè «le attività atomiche sono pacifiche» e non c’è ragione che alcuni Paesi impongano «un apartheid scientifico e il monopolio nucleare nel mondo». Ma ieri è intervenuto anche Akbar Hashemi Rafsanjani e questa è una novità, perchè l’ex presidente rappresentava, fino a poco tempo, una delle voci caute del regime. Rafsanjani molto moderato non è mai stato, ma dopo decenni di esperienza al governo sembrava essersi convertito alle sagge ragioni della «realpolitik». E invece ora usa toni persino più accesi del suo successore Ahmadinejad. «L’Iran - ha avvertito - ha già la capacità di arricchire l’uranio», ma vuole usare la scienza «solo a beneficio degli esseri umani»; però «tutto può cambiare». Coinvolgere il Consiglio di sicurezza in questa vicenda sarebbe «un grande errore», perchè in tal caso «si spezzerebbe la catena della sicurezza mondiale». Come dire: compiete quel passo e ciò che Stati Uniti e Unione Europea temono - ovvero un Iran con l’atomica - diventerà realtà.
Nessuno crede che Teheran sia già in grado di produrre ordigni nucleari e nelle ultime ore proprio l’intelligence statunitense ha ribadito che ci vorranno diversi anni prima che ciò possa accadere. Ma è chiaro che il governo integralista sciita vuole continuare ad avere le mani libere. E questo è il momento di intimidire i Paesi dell’Agenzia atomica. Non tanto le grandi potenze, che - Cina inclusa - hanno già dato il via libera al deferimento dell’Iran al Palazzo di Vetro, quanto i Paesi in via di sviluppo. Sono stati loro a bloccare la risoluzione dell’Aiea. Non capiscono perchè una decisione debba essere presa adesso e non il 6 marzo, quando El Baradei riunirà di nuovo l’Aiea; chiedono che l’Agenzia non venga scavalcata dall’Onu; pretendono che oltre al nucleare iraniano ci si occupi anche di quello israeliano. Insomma, esigono una risoluzione così blanda da poter essere quasi accettata dagli ayatollah.
Europa e Stati Uniti potrebbero anche forzare la mano e andare direttamente al voto: sanno di poter contare su una maggioranza semplice. Ma in questi frangenti preferiscono dimostrare all’Iran che la comunità internazionale è compatta, a parte le prevedibili eccezioni di Paesi come Siria, Venezuela e Cuba. E, dunque, le delegazioni continuano a limitare il testo, nella speranza di strappare anche il sì dei Paesi in via di sviluppo. Mosca assicura che l’offerta di arricchire in Russia l’uranio iraniano resta valida, nonostante il no del negoziatore di Teheran Ali Larijani. La Cina puntualizza che il proprio consenso alla notifica del dossier iraniano all’Onu, non implica il sì alle sanzioni; al contrario. «Pechino non accetterà mai nuove misure restrittive contro gli ayatollah», assicura l’ambasciatore cinese all’Onu. E tutti sanno che non mente: la Cina importa dall’Iran enormi quantitativi di gas e petrolio e farà di tutto per proteggere quella che considera una fonte vitale per la propria economia.

Ma proprio il mutato atteggiamento di Pechino, che fino a poco tempo fa era contraria al coinvolgimento del Palazzo di Vetro, rappresenta una garanzia per il mondo intero: una soluzione militare non è in programma. Non a breve, perlomeno.

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