È una santa alleanza quella che i medici di famiglia stanno cercando di concludere con i colleghi della guardia medica. È proprio il caso di dirlo perché, se dovessero finire a letto contemporaneamente un terzo degli italiani per colpa del nuovo virus H1N1, i primi, da soli, non potrebbero dar retta a tutti. C’è la nuova influenza ma anche la vecchia, c’è l’ordine di non andare al pronto soccorso e neppure in ambulatorio perché chiunque si sposti farebbe il gioco del virus favorendone la diffusione; ci sono molti dubbi e poche certezze. Se non ci si può muovere di casa, né chi ha la febbre né la mamma, non resta che alzare la cornetta. Ed è proprio quello che i dottori raccomandano. Ora, a meno che non mettano in piedi dei call center, da soli sarebbero in braghe di tela.
Sono 47mila i medici di famiglia attivi in Italia, con una media di 1.100 assistiti ciascuno. Non sono pochi se si aggiungono anche i circa 8mila pediatri, eppure in vista della prossima stagione invernale, in cui i casi di influenza potrebbero triplicare per colpa di H1N1, hanno deciso di non farsi trovare impreparati. Anzi, stanno già lavorando perché la collaborazione con i colleghi della continuità assistenziale, cioè con quei camici bianchi che sono attivi la notte e i giorni festivi, sia stretta ed efficace in vista della possibile emergenza. Si tratta di altri 14mila medici. Dovranno farsi trovare uniti, se in capo a una settimana le persone febbricitanti potranno oscillare tra le 600mila e il milione e mezzo.
In passato, nel picco massimo dell’influenza di stagione si sono registrati 300mila casi di persone a letto nel giro di una settimana. Per i dottori voleva dire una o due visite a domicilio. «Sono arrivato a farne anche una decina nello stesso giorno» conferma il segretario nazionale della Fimmg, la Federazione Italiana medici di medicina generale, Giacomo Milillo, secondo il quale la categoria «è in grado di affrontare anche il doppio dei casi», ma non di più. Negli anni scorsi il periodo peggiore non era stato lungo: tra gennaio e febbraio, circa un mese e mezzo. Mentre con H1N1 c’è un’altra incognita: il picco è atteso con la stagione fredda, ma non è detto che sia così «perché non è un virus stagionale e non sappiamo con certezza se ci sarà un picco e quando: subito all’inizio dell’inverno, a cavallo di Natale o dopo?», continua Milillo.
Tant’è, i medici di famiglia si sono già rimboccati le maniche e si dichiarano pronti al superlavoro e agli straordinari. La routine richiederà uno sforzo triplo, ma occorre essere realisti: le ore della giornata sono quelle che sono, gli ambulatori non si possono certo chiudere, le ricette vanno comunque fatte, le visite a casa e i consulti per telefono anche. In totale sono dodici ore di disponibilità, ma se le parole d’ordine sono non andare al pronto soccorso e neppure in ambulatorio, ci vuole altro. In prima battuta il telefono. Per un consulto clinico, per chiarimenti sul da farsi, per eventuali complicanze, occorre prendere la cornetta e chiamare il proprio dottore. Loro promettono di rispondere: in agenda avranno delle ore dedicate ai consulti telefonici. Parola del segretario nazionale della Federazione. Certi meccanismi sono già collaudati, basti pensare a quello che viene fatto con la vaccinazione contro l’influenza tradizionale. Poi, se le peggiori previsioni dovessero avverarsi, è indispensabile il supporto dei colleghi della guardia medica.
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