L'AI "molesta" i ragazzini? Zuckerberg non è il parafulmine di tutte le nostre nevrosi digitali

Meta sotto accusa dopo un'inchiesta del Wsj perché i chatbot "flirtano" con i minori. Ma mi preoccuperei di più dei pericoli rappresentati dagli adulti umani

L'AI "molesta" i ragazzini? Zuckerberg non è il parafulmine di tutte le nostre nevrosi digitali
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Ora abbiamo anche le AI che molestano ragazzini? Sarà vero? Sarà falso? Sarah Connor? Vado al nocciolo: Zuckerberg combatte con i problemi antitrust da anni, tra accuse di monopolio, gestione discutibile dei dati personali e un concetto di privacy che ormai ha lo stesso peso giuridico di una gomma masticata (questo però vale per tutti i social, se uno ci tiene alla privacy non ci sta, no?), e ora arriva anche l’inchiesta del Wall Street Journal sui chatbot di Meta che flirtano in modo un po’ troppo spinto con utenti registrati come minorenni su Instagram, Whatsapp e Facebook (un minorenne che usi Facebook mi sembra improbabile, ormai è un gerontocomio, non lo usa più neppure mia mamma che ha ottant’anni).

Per farvela breve hanno usato voci famose (John Cena, Kristen Bell, Judi Dench), hanno allentato i filtri per rendere i chatbot “più coinvolgenti” e si sono ritrovati con conversazioni un po’ romantiche, un po’ scomode, un po’ troppo “umane” (come se una macchina può imparare a parlare come gli umani senza imparare anche a sbagliare come loro).

Non so, sarà che sono sempre garantista, ma Zuckerberg potrebbe anche essere meno colpevole di quanto possa sembrare, soprattutto nella guerra tra le Big Tech: anche perché il problema non è che i chatbot imitino male l’umanità, casomai il problema è che la imitano bene, e una volta che ti metti a copiare l’umanità reale, difficile uscirne altrettanto bene in tutto. Tra allusioni, ammiccamenti, confini labili, emozioni confuse, le macchine finiscono inevitabilmente per replicare quello che siamo, non quello che ci piacerebbe fingere di essere. Ho l’impressione che da quando la Cina ha sorpreso tutti con Deepseek, la corsa sia partita e situazioni del genere ci saranno sempre più spesso, meta o non Meta.

In ogni caso Meta dice che il Wall Street Journal ha manipolato i test, e potrebbe anche essere, oppure no (anche qui il confine tra manipolare o meno un’AI che sta facendo machine learning dentro una chat è labile). Il punto però è: possiamo costruire chatbot più “coinvolgenti” (e volerlo fare sempre più velocemente, per battere la concorrenza) e poi stupirci se coinvolgono nel modo sbagliato? Insomma: non vorrei che Mark Zuckerberg, più che un monopolista, adesso diventasse il parafulmine di tutte le nostre nevrosi digitali.

Piuttosto, sui rapporti tra chatbot e minorenni (espressione spesso usata un po’ genericamente: quanti anni avrebbero avuto questi utenti?), mi preoccuperei di più dei pericoli rappresentati dagli adulti umani. Comunque, mi aspetto a breve anche uno scandalo femminista: ci sarà qualcuna del #metoo che denuncerà per molestie un’AI, rea di aver inviato troppi emoji a forma di cuore senza consenso. Scommettiamo?

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