Tutti noi, volenti o nolenti, abbiamo a che fare con la tecnologia. Dal mattino, quando suona la sveglia del nostro smartphone, fino a quando guidiamo le nostre automobili o utilizziamo il nostro pc. Tutto oggi è tecnologia. L'abbiamo in tasca. Addosso. Attorno a noi. Perché anche le nostre città sono sempre più smart. Brillanti. All'avanguardia. Tecnologiche. E l'intelligenza artificiale non farà altro che migliorare (se ben utilizzata) il nostro mondo.
Il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, apre il primo panel, spiegando come Milano stia sperimentando qualcosa di nuovo come mobilità. Partendo da Einstein: "La vita è come andare in bicicletta, se vuoi stare in equilibrio devi muoverti". La bicicletta, infatti, è un po' il simbolo - prosegue il direttore - di una mobilità nuova e diversa. All'epoca di Einstein, gli uomini stavano lasciando le biciclette per le auto, oggi accade l'inverso. La bicicletta è un concentrato di tecnologia pazzesca che è al centro del concetto di smart city.
"Le smart city sono un territorio inesplorato, bisogna andare nell'impossibile. Come ci muoveremo in futuro? Ovviamente ci sono dei rischi, nell'impossibile. L'intelligenza artificiale ne è l'esempio pratico", sostiene Sallusti, "perché può non migliorare la nostra qualità della vita, il nostro modo di relazionarci. E in questo le città sono un bene da salvaguardare". La città, infatti, non è solo una questione di architettura, ma di cultura e di identità. "La tecnologia tende ad appiattire, ma le città non possono essere tutte uguali. Si può usare la tecnologia per migliorare la mobilità delle nostre città, rendendo più facile orientarci ma senza perderci". Tecnologia, infrastrutture e mobilità devono trovare un'armonia per creare un futuro migliore.
Stefano Zurlo, inviato del Giornale, riprende le parole di Sallusti e inizia il colloquio con il professore in Automatic Control presso il Politecnico di Milano, Sergio Matteo Savaresi: "Ciò che stiamo provando a creare è un utilizzo della guida autonoma più semplice rispetto ai robot taxi. Abbiamo capito che il momento critico è portare l'auto in sharing quando l'utente ne ha bisogno e quando non ne ha più. E' l'elemento in cui l'elemento del car sharing può diventare di massa. E questo è ciò che manca nella mobilità del futuro perché dobbiamo transitare verso una mobilità condivisa". Fondamentale, però, è un intervento legislativo, sostiene Zurlo: "C'è un decreto che lo permette - risponde Savaresi - oggi stiamo facendo sperimentazione usando un safety driver, che oggi non fa nulla, solo supervisione. Un giorno non ci sarà. Non siamo ancora pronti a questo modello. Ma nel 2025 avremo raccolto un sufficiente numero di chilometri. Ci stiamo interrogando anche sulla possibilità che questo servizio possa servire per esempio anche gli anziani che, nei paesi più piccoli, hanno bisogno di esser portati in farmacia o in posta".
La tecnologia è molto più avanti del quadro normativo, sostiene Zurlo. "In Italia abbiamo le capacità tecnologiche e la tecnologia. Non siamo indietro rispetto agli altri", afferma Savaresi. "Il robot taxi è improponibile per noi perché la topologia delle nostre città è molto più complessa e servono investimenti colossali".
Francesco Maldari, Ceo UnipolTech, sostiene l'importanza delle scatole nere installate sulle auto: "Ne abbiamo circa quattro milioni e hanno sensori che vengono usati primariamente per fini assicurativi. Parliamo di intelligenza artificiale come di chat gpt, che ci permette di creare un linguaggio. Ma ce n'è pure una legata all'elaborazione delle immagini. Noi, a fini assicurativi, usiamo l'Ai per ricreare gli incidenti e comprendere le dinamiche. La scatola nera, grazie agli algoritmi che abbiamo sviluppato, integrando ed elaborando i dati, determinano anche la responsabilità di un incidente". Anche perché in Italia ci sono 2.8 milioni di auto non assicurate, puntualizza Zurlo. "Oggi già in alcune regioni italiane esiste il progetto Move in che permette il traffico a veicoli inquinanti in base a green box, un'applicazione che analizza gli stili di guida dei conducenti e determinare se sono determinanti o no", spiega Maldari. "In questo modo si personalizza e va incontro al tema della transizione equa. E' ovvio che chi ha auto di classe energetica più basse ha meno disponibilità economiche. E' dunque importante tenerne conto".
Danilo Gismondi, Direttore IT e Digital Transformation Officer Autostrade per l’Italia, insiste sull'importanza dell'intelligenza artificiale: "Da anni ci investiamo molto e deve essere al servizio degli essere umani. Abbiamo cercato soluzioni utili per l'azienda e per i guidatori. Oggi ci sono nove furgoni della viabilità che girano per l'Italia e che, oltre all'attività di assistenza, hanno dei data center, con delle telecamere su ogni lato che al percorrere delle autostrade segnalano difettosità. Monitorano la rete e lo fanno gratuitamente con l'intelligenza artificiale. Questi furgoni girano ormai da nove mesi. Le tecniche di machine learning consentono di avvertire problematiche e poter far ispezioni e attività di manutenzione. Usiamo la tecnica della computer vision, ovvero le telecamere, che uniscono attività di verifica e sicurezza all'immagazzinamento di immagini che possono essere utili per delle attività di controllo". E i cantieri? "In questo modo sarà più facile conviverci. La nostra è una autostrada un po' vecchiotta e ci saranno sempre per ammodernarla. Oggi lo facciamo grazie a sistemi che, con gli algoritmi, studiano l'impatto sull'utenza. Andiamo quindi a posizionare i cantieri in base alle esigenze di chi usa Autostrade, con una stima delle code. E' dall'estate del 2023 che siamo in grado di fare una pianificazione così accurata e ad informare gli utenti".
Andrea Granelli, Presidente Kanso, sostiene l'importanza del benessere all'interno delle città di domani. "Più che smart, direi argute. La mobilità è fatta di tecnologie, di luoghi e di persone. E questo è il primo fenomeno. C'è l'innovazione tecnologica e dei modelli di business, come il car sharing. La mobilità è trasformazione dei comportamenti: non solo come guidano, ma anche come vivono. E poi il senso delle cose. Pensiamo a come può essere usato un autobus: sia come uno strumento per muoversi, ma anche come mezzo per compiere attentati. Ci sono anche questioni di sicurezza, legate alle guerre che abbiamo attorno e all'hacking. Oggi il tema più interessante è quello della dimensione tecnologica. Il digitale migliora e arricchisce la mobilità e ne riduce anche la sua necessità. La tecnologia non risolve tutto. A volte rimaniamo eccessivamente affascinati dalla tecnologia. Non è l'unica panacea a tutti i mali. Può essere sia farmaco sia veleno. Il tema della virtualizzazione mette al centro la presenza. Abbiamo bisogno di mobilità che tenga conto del viaggio, della bellezza di andare nei luoghi. Capire il luogo che attraverso. Un'esperienza che arricchisce il viaggio, quindi". Il modello è complesso: "Abbiamo città molto complesse. Interessante è il caso di Perugia, partendo dalla parte all'interno delle mura. E poi con il minimetro. Unire funzionalità ed estetica è fondamentale. Non sei solo un trasportato passivo che deve arrivare a destinazione. Un altro caso particolare è il trenino rosso. Il concetto di viaggio e della sua esperienza deve essere il centro di tutto".
Alcune città italiane sembrano prigioniere della propria storia, prosegue Zurlo. "Il cuore di tutto è la scalabilità del car sharing, che funziona parzialmente a Milano. In una città come Roma, che è più grande e meno densa, non è fattibile. Oggi Milano è un unicum. Usando i dati di Unipol tech abbiamo capito che il modello dell'auto che arriva da sola funziona a Milano e al suo hinterland e pure in città come Padova. Con un'autonoma, si potrebbero togliere 11 auto private. A Padova 8 o 9. Ci stiamo perdendo i paesi isolati in montagna, per esempio. In questo modo si potrebbero anche tutte le auto che oggi si trovano in strada". In questo modo le nostre città diventeranno più belle. "Alcuni mesi fa, gli Usa e l'Europa hanno bandito software cinesi su auto autonome. Questo perché è una questione di sicurezza nazionale. Pensate di avere milioni di auto controllate da un Paese che può essere anche nemico. Basterebbe schiacciare un pulsante per fare cose bruttissime. Dobbiamo quindi potenziare la nostra tecnologia per una questione di sicurezza nazionale". Un tema ripreso da Maldari: "Abbiamo una tecnologia proprietaria. Investiamo direttamente in termini di tecnologia software. La tecnologia e l'innovazione contribuiranno a migliorare la vita delle persone e dobbiamo investire in questo senso. Più siamo in grado di elaborare i dati, maggiori sono i vantaggi per i nostri assicurati. Le nuove auto con sistemi di sicurezza più avanzati e autonomi hanno percentuali di incidenti più bassi". Anche le autostrade stanno lavorando in questa direzione. Spiega Gismondi: "Non siamo affatto indietro con la tecnologia. Noi tuteliamo ciò che creiamo. Le tecnologie esistono e le usiamo al servizio dell'azienda e del cittadino. Non sappiamo cosa stia sviluppando la Cina, ma stanno sviluppando tecnologie molto importanti. E il tema della sicurezza diventa fondamentale. La cyber security oggi è indirizzata a evitare attacchi di altri Paesi. Qualsiasi infrastruttura potrebbe essere bloccata da un malintenzionato ed è lì che le aziende moderne investono molto". Per Granelli è fondamentale comprendere la tecnologia nella sua interezza. "Non si insegna il pensiero critico. C'è una complessità che necessita un pensiero critico nei confronti della tecnologia. Oggi non si studia la patologia digitale. E' fondamentale il controllo delle tecnologie, nel senso che bisogna renderle robuste per non farle craccare. L'Italia ha una straordinaria capacità creatività e noi riusciamo a fare più con meno".
Secondo Savaresi, tra dieci anni ci saranno meno macchine nelle nostre città perché ormai sono insostenibili. "L'elettrico è quasi certamente la soluzione ideale. La tecnologia a lungo termine è giusta, ma attenzione al percorso. Il ragionamento dell'Europa è stato troppo semplice. Una sciocchezza colossale che determina un disastro. Attenzione al percorso, quindi. Il punto di arrivo è l'elettrico, ma il percorso fa la differenza. L'elettrico è favoloso in un contesto di auto condivise che fanno 50/60mila chilometri all'anno. L'Europa ci ha dato un elettrico insostenibile. Realisticamente stiamo parlando di 15/20 anni". L'aspetto di Unipol è pragmatico: "Studiamo il comportamento in auto dei nostri clienti - spiega Maldari - alcuni già oggi ne possono trarre vantaggio. Per quanto riguarda l'evoluzione, c'è un aspetto di tipo culturale. Le nuove generazioni sono meno attaccate all'auto. Non hanno il concetto della proprietà dell'auto come l'abbiamo noi. Sono più propensi alla mobilità condivisa. E' un aspetto culturale sempre più diffuso". Per Gismondi "l'elettrico è uno dei componenti, ma non l'unico. Vanno affiancate fonti alternative. Va cambiata tutta la catena di produzione dell'elettrico, anche per una questione di sostenibilità. Anche per noi i comportamenti dei singoli sono fondamentali". Conclude infine Granelli: "Dobbiamo ragionare sul cambio di mentalità: perché e quando spostarci.
Oggi sappiamo che muoverci non è più necessario, almeno in auto. C'è anche una questione di pianificazione degli spostamenti. Einstein diceva: è molto più facile rompere un atomo piuttosto che un pregiudizio. Noi dobbiamo farlo".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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