La notte tra l'1 e il 2 novembre, Pier Paolo Pasolini venne brutalmente ucciso da Giuseppe Pelosi, detto "Pino", il quale - dopo aver rifiutato le avances dello scrittore - lo colpì ripetutamente con un bastone e infine lo investì. Questa, almeno, è la versione degli inquirenti, quella confessata da Pelosi stesso all'indomani dell'omicidio e per la quale fu condannato a nove anni e sette mesi di carcere.
A quarant'anni dalla morte dello scrittore, Pelosi torna a parlare, affermando che la notte in cui fu ucciso "c'erano tre automobili, una motocicletta e almeno sei persone". Sulla motocicletta ci sarebbero stati, secondo lui, Franco e Giuseppe Borsellino, due simpatizzanti del Msi che frequentavano la sezione missina del Tiburtino e che volevano punire, con la morte di Pasolini, la sinistra italiana, della quale lo scrittore rappresentava l'anima più viva. Pelosi così racconta quei momenti: "Era buio pesto e ho visto solamente i mezzi arrivare sul posto, poi due persone prendere Pasolini e trascinarlo fuori dall'abitacolo. In un primo momento sono riuscito ad allontanarmi, fuggendo. Da dove mi trovavo sentivo Pier Paolo gridare e chiedere aiuto, ma nulla più".
Pelosi sembra ora rimangiarsi la versione offerta nel 1975, instillando il dubbio che chi uccise Pasolini lo derubò: s 4671058654785px;">ulla macchina di Pasolini, sulla quale poi fu trovato lo stesso Pelosi, infatti "c'erano 3 o 4 milioni di lire. Denaro che non venne ritrovato insieme alla vettura".
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