Nuovi progressi nella cura del tumore mammario

Donne che lottano contro un tumore al seno in fase avanzata, in Italia sono 130-150mila. Delle 45mila che ogni anno si ammalano di carcinoma mammario, ben 10-12mila, sviluppano nel tempo, una forma avanzata della patologia. La ricerca oncologica, lavora a favore di queste pazienti. Anche in Italia, è disponibile everolimus, il primo farmaco mirato (ha come target la proteina mTOR) per il trattamento del carcinoma mammario in fase avanzata, positivo al recettore per gli estrogeni e HER2-negativo. Il farmaco (rimborsato dal Ssn e già approvato per altre indicazioni in ambito oncologico), in combinazione con la terapia ormonale (exemestane), si è dimostrato efficace per le pazienti con questo tipo di tumore. Permette di andare oltre il tradizionale binomio chemioterapia-ormonoterapia. «Everolimus ottiene due risultati: rallenta la crescita e la diffusione del tumore e indebolisce la resistenza del tumore alla terapia ormonale, in quanto determina una riduzione nella risposta agli ormoni», spiega Sabino De Placido, direttore struttura complessa di oncologia medica, Azienda ospedaliera universitaria Federico II, Napoli. «In termini clinici questo si traduce nella possibilità di trattare in maniera efficace le pazienti con un trattamento orale e ben tollerato, posticipando l'approccio chemioterapico a una fase più avanzata della malattia». I benefici clinici di questo nuovo approccio di trattamento, sono stati dimostrati dallo studio registrativo Bolero-2 (condotto in 189 Centri di 24 Paesi). «Lo studio dimostra in maniera inequivocabile che l'aggiunta di everolimus a exemestane rallenta la malattia, con un significativo aumento della sopravvivenza libera da progressione, di fatto raddoppiata», afferma Paolo Pronzato, direttore della divisione di oncologia medica, Azienda ospedaliera universitaria San Martino, IST, Genova.

«Le pazienti che hanno assunto la combinazione di everolimus e exemestane hanno avuto un beneficio clinico, ossia una stazionarietà di lunga durata. Inoltre, nello studio la qualità di vita di queste pazienti è stata specificamente analizzata e si è potuto constatare che essa si mantiene migliore per un periodo più lungo con l'associazione del nuovo farmaco».

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