«Il nuovo Bond è reduce dall’Irak»

da Chapel Hill (Carolina del Nord)

Jeffery Deaver, il giallista americano autore de Il filo che brucia, osserva le splendide auto da corsa parcheggiate davanti all’hotel Umstead. Le vecchissime, rumorosissime Ford stanno per partecipare a un rally e Deaver ammette di avere un debole per queste nobili signore degli autodromi. Anche lui possiede una vecchia BMW, che a volte scatena lungo le autostrade del Nord Carolina in barba ai limiti di velocità.
Il salone dell’albergo dove ci siamo seduti a chiacchierare del suo nuovo progetto - l’ultima avventura letteraria di James Bond - è a pochi chilometri dalla villa di Chapel Hill dove l’autore di innumerevoli successi (oltre 20 milioni di copie vendute) ha scelto di vivere dopo aver lasciato Washington. «Adoro la campagna», sorride, «e allevo cani». Ma le sue giornate, ora, sono dedicate quasi esclusivamente a completare Project X, in cui l’agente 007 appare in versione contemporanea. Data di pubblicazione, 28 maggio 2011: il testo dev’essere consegnato a giorni. Ian Fleming, il padre di Bond, cinquant’anni fa aveva descritto in un articolo intitolato Come scrivere un thriller le sue serafiche giornate di romanziere. Deaver è invece incatenato alla scrivania per terminare le 600 pagine.
Riportare in vita 007 è una sfida colossale, anche per un giallista del suo calibro che, in fondo, sta scrivendo il romanzo in collaborazione con gli eredi di Fleming.
«Loro mi hanno permesso di usare il marchio di Bond e io ho aggiunto il mio stile di artigiano del crimine».
I diritti sono stati acquistati da 12 case editrici (Rizzoli per l’Italia). Ci può svelare qualche segreto dell’opera?
«Per farmi confessare - scherza - mi deve torturare col waterboarding. Le dirò solo che il libro è ambientato nel 2011, che Bond ha 29 anni, è reduce dalla guerra in Irak e in Afghanistan e sfida nemici pericolosissimi».
In tempi di Guerra fredda il nemico di 007 era il comunismo sovietico. Oggi a terrorizzare l’Occidente sono i gruppi terroristici. Sono questi i nemici del suo nuovo Bond?
«Il mio 007 è un personaggio postmoderno, moralmente ambiguo, complesso e solitario. Sì, è un assassino: la licenza di uccidere non gli è stata revocata».
I fan di James Bond saranno felici di ritrovare, nelle sue pagine, l’amata Miss Moneypenney e M, il direttore del Secret Intelligence Service (Sis). Se però il vecchio Bond affascinava anche grazie all’incredibile tecnologia, per quell’Aston Martin che in Missione Goldfinger (1964) era già dotata di un navigatore, il suo si affida più all’intelligenza umana...
«Offrire al pubblico una pletora di strumenti bizzarri, adesso che la tecnologia inventa migliaia di nuovi prodotti ogni mese, mi sembrava quasi offensivo.

Certo, ci saranno ancora automobili, bellissime donne e grandi avventure, ma senza cliché. Quando scrivo un libro mi domando sempre se i miei lettori saranno soddisfatti, se riuscirò a non annoiarli. Odio essere prevedibile».

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