Compare anche Rudy questa volta. Imputato già condannato e ora testimone in un processo che è «quasi» lo stesso che lo ha condannato. È un’apparizione la sua. T-shirt bianca e classico jeans largo, tace: si avvale della facoltà di non rispondere lui che si è beccato 30 anni scegliendo il rito abbreviato, con l’accusa di aver preso parte all’omicidio di «Metz» Kercher. Gli altri due, i presunti complici, se non addirittura autori materiali del delitto, siedono di fronte. L’ivoriano non li guarda. Loro sì.
«Buongiorno», «arrivederci» - un poco ironico - e se ne va. In manette, verso il carcere. Poi lascia una lettera: «Questo è un processo che non mi riguarda. Sollecito e la Knox hanno sempre mentito e continuano a farlo... Non mi do pace, perché non ho agito nella maniera giusta ed energica al fine di impedire la morte di una splendida ragazza».
Amanda, Raffaele e Rudy, per un attimo, di nuovo di fronte, i «vertici» del triangolo omicida che secondo l’accusa, quasi un anno e mezzo fa avrebbe deciso la morte della studentessa inglese, sono separati. Anzi contro. Due contro uno, secondo pronostici. L’ivoriano è affondato, gli altri hanno deciso di aggrapparsi a suoi resti. La disinvolta americanina e l’ingegnere di Giovanazzo che si promettevano «hot sex» a poche ore dal delitto, avvinghiandosi senza freni e incuranti degli sguardi, la partita, da tempo, la giocano contro il nero.
«Continuiamo a ritenere che l’azione lesiva sia stata prodotta da un unico soggetto ben conosciuto e riscontrata in una sentenza del gup di Perugia», tuona l’avvocato Luca Maori, legale di Sollecito. «L’unico colpevole è già stato condannato».
Nell’aula degli Affreschi di Palazzo di Giustizia, continua a non trovarsi una prova provata. Perlomeno una qualche certezza.
Sono due consulenti dell’accusa, due medici, a smentire ciò che un loro collega ha appena detto il giorno prima, l’anatomopatologo che per primo eseguì l’autopsia sulla vittima. Vincenza Liviero, responsabile della sezione medicina legale della questura di Roma e Mauro Marchionni, ginecologo dell’ospedale Careggi di Firenze, al contrario parlano dell’omicidio di Metz come di un’azione «a più mani». Non solo. La studentessa sarebbe stata stuprata.
Conclusioni contestate dalle difese. Luciano Ghirga, uno dei legali della Knox, parla senza mezzi termini di «scontro frontale» con l’accusa. In particolare sulla presenza di una o più persone sulla scena del delitto. Mentre il collega Ghirga, in nome di Lele, puntualizza: «Da un punto di vista scientifico, il consulente del Pm non ha detto che vi erano uno o più soggetti sul luogo del delitto e non poteva dirlo perché, noi riteniamo, effettivamente, che l’azione lesiva sia stata condotta esclusivamente da un solo e unico soggetto... Il fatto che vi siano stati più soggetti non è assolutamente provato».
Senza esserci Rudy, intanto, trova un alleato di sponda. Ovvero l’avvocato Francesco Maresca, parte civile. «Sollecito e la Knox hanno sempre sostenuto che Guede ha mentito su tutto e quindi dai suoi verbali non dovevano temere nulla.
Insomma, continua il tutti contro tutti.
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