Il nuovo Leopardi? Pop e senza gobba

Sergio Rubini porta sullo schermo il poeta dell'"Infinito" in una veste nuova

Il nuovo Leopardi? Pop e senza gobba
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«Abbiamo tolto la patina della figurina e messo il sale del suo pensiero». Così il regista Sergio Rubini riassume il senso della fiction Leopardi - Il poeta dell'Infinito, una delle operazioni più importanti della Rai negli ultimi anni. La mini-serie, in onda martedì 7 e mecoledì 8 su Raiuno, vuole raccontare il poeta nell'essenza della sua enorme eredità culturale e umana. Ma punta esplicitamente a farne un'icona pop, brillante e struggente insieme, lontana dalla descrizione polverosa dei libri di scuola, quella dello studioso immerso nella solitudine e nel pessimismo. Non una pura biografia - anche se viene ripercorsa la vita dalla prigione nella casa di famiglia di Recanati, imposta dal padre Monaldo, fino alla ribellione, alla fuga, al girovagare per l'Italia e finalmente alla fama - ma un approfondimento della sua visione del mondo: l'anticonformismo, la trasgressione, l'avversione per ogni ordine costituito, dalla famiglia alla Chiesa, dai dominatori austriaci al nascente Stato italiano, motivi per cui rimase un incompreso nel suo tempo. Insomma, il Leopardi firmato Rubini non ha la gobba, non è un ometto deforme, ma è un giovane di bell'aspetto, seppur magro, slavato, fragile e sofferente, interpretato dal viso delicato e fresco di Leonardo Maltese.

«Sarebbe stata un'eredità troppo misera - spiega Rubini, alla sua prima regia televisiva - rappresentarlo con la gobba. Quello che ho cercato di trasmettere non riguarda tanto la sua fisicità ma la Weltanschauung, la sua concezione del mondo. Che lo rende un maestro modernissimo, ancora oggi seguito e amato. Per molti motivi: il sospetto che nutriva nei confronti della fede cieca dei progressisti nella scienza, che lui chiamava la società della macchine, e che ora è arrivata all'intelligenza artificiale. Ma anche la sfiducia nei confronti della politica che si preoccupa di masse felici e non di individui felici: un umanesimo che si contrappone anche al transumanesimo di Elon Musk, che cerca di trasformarci tutti in algoritmi. E soprattutto, il messaggio di speranza contenuto nella sua poesia più celebre, in cui ci spiega che se c'è un ostacolo che si frappone tra noi e i nostri sogni (la siepe), con l'immaginazione possiamo andare oltre e raggiungere addirittura l'Infinito».

Ci ha messo parecchio - addirittura vent'anni - il regista a mettere insieme tutte queste idee e trasformarle in un progetto reale insieme a Beppe Caschetto (che l'ha prodotto con la IBC Movie) e alla Rai Fiction di Maria Pia Ammirati. «Ci siamo riusciti perché sono cambiati il pubblico e il linguaggio televisivo - continua Rubini -. E dopo aver assistito alla colonizzazione delle piattaforme straniere, pensiamo sia giusto puntare sull'azienda di Stato perché la nostra storia la dobbiamo raccontare noi».

Difficile è stato scegliere il cast. Una lunga ricerca che ha individuato il protagonista in Maltese, già apprezzato nei film Rapito e Il Signore delle Formiche, che offre una interpretazione lontana dal macchiettismo. Nel ruolo del Conte Monaldo, un perfetto Alessio Boni che umanizza l'austerità del padre. E poi Valentina Cervi nei panni della madre Adelaide Antici, Giusy Buscemi in quelli dell'amata Fanny Targioni Tozzetti, emblema dell'amore irraggiungibile magnificato nei versi. E ancora Cristiano Caccamo nelle vesti dell'amico e protettore Antonio Ranieri, Alessandro Preziosi nel ruolo di Don Carmine e Fausto Russo Alesi in quello di Pietro Giordani, amico e mentore del poeta.

L'amicizia tra Giacomo, Ranieri e Fanny, trasformatasi in un triangolo complesso, viene indagata a fondo, mostrando anche un lato leopardiano tenero e giocoso. Ma il bacio che il poeta offre all'amico non vuole alludere a nulla, precisa Rubini: «Non ho mai dubitato dell'orientamento eterosessuale di Leopardi. Con Antonio c'era un'amicizia profonda, il bacio è quello che vorrebbe dare a Fanny».

Insomma, pur non perfettamente aderente al personaggio storico, di sicuro ne esce una figura allettante per il pubblico televisivo.

Nessun riferimento al Giovane favoloso di Mario Martone con Elio Germano, successo cinematografico di ormai 10 anni fa: «La nostra stella polare è stata l'Amadeus di Milos Forman: come lui ha reso pop Mozart, così per noi dev'essere Leopardi».

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