Con un nuovo rene sei italiani a piedi nel deserto per sette giorni

Sei trapiantati di rene hanno attraversato per sette giorni il deserto algerino e sono tornati a Milano in ottime condizioni. Hanno camminato nel deserto per circa 18 chilometri al giorno accompagnati solo da cammelli che hanno trasportato vettovaglie e tende. Insieme a loro anche tre medici ed una farmacologa, rimasti fortunatamente inattivi. L’Italian Transplant Trekking è stato promosso dalla Fondazione per l’incremento dei trapianti d’organo in partnership con Novartis ed ha avuto il supporto scientifico del Centro Nazionale Trapianti. L’attività sportiva può essere fondamentale per tutti i trapiantati, sul piano fisico e su quello psicologico. «Abbiamo scoperto un nuovo farmaco, lo sport», ha detto il direttore del CNT, professor Alessandro Nanni Costa. Fino ad oggi, in Italia, sono stati eseguiti 3201 trapianti (solo 365 di cuore e quasi 1700 di rene) Il numero di donatori non è altissimo: 21,4 per milione. Ci si augura che questo atto di grande generosità trovi sempre maggiori donatori, anche perché le attuali liste d’attesa non sono incoraggianti. In media bisogna aspettare tre anni per un rene, due e mezzo per un cuore, due per un fegato. E non sempre si arriva alla salvezza. La marcia nel deserto – svoltasi nel mese di dicembre – rappresenta un traguardo irripetibile, straordinario e dimostra che il trapianto d’organo non è un’operazione invalidante. Come ha spiegato il dottor Giovanni Mosconi, che ha coordinato l’èquipe medica dell’Italian Transplant Trekking, ai trapiantati che vogliono fare sport si richiede prima di tutto un cuore sano, una frequenza cardiaca regolare e un buon compenso metabolico. E’ preferibile un’età compresa tra i 25 e i 45 anni, una massa grassa ridotta e un peso standard. Tutti coloro che hanno partecipato alla marcia nel deserto (cinque uomini ed una donna) avevano già primeggiato in gare di vela, di nuoto, di sci di fondo, di tennis, anche a livello internazionale. La signora Carolina Panico, in particolare, ha fatto parte della squadra di pallavolo che nell’agosto scorso ha disputato il campionato mondiale in Australia. In Algeria, con la scorta dei Tuareg, hanno affrontato dislivelli di duecento o trecento metri (salendo fino a quota 1.

720), hanno dormito in tenda, hanno mangiato davanti al fuoco, in un paesaggio selvaggio e incontaminato. Tutte le difficoltà sono state superate con entusiasmo. Un solo pericolo: l’apparizione di un bellissimo ghepardo sahariano (razza in estinzione) che però non ha voluto aggredire i marciatori.

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