Obama (e gli Usa) nei guai: i repubblicani hanno lasciato il tavolo sul debito pubblico

A meno di 24 ore dall’inizio del vertice, il capogruppo dell’opposizione alla Camera, John Boehner, alza la posta della partita. L'accusa: "La Casa Bianca non rinuncia al disegno di aumentare le tasse". Scadenza: intesa entro il 2 agosto, pena gravi conseguenze sull'economia globale

Obama (e gli Usa) nei guai: i repubblicani  
hanno lasciato il tavolo sul debito pubblico

Sempre più complicata la via per raggiungere un accordo politico per la riduzione del debito pubblico americano. Con la preoccupante scadenza del 2 agosto sempre più vicina (la neo direttrice del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde ha ricordato che le conseguenze di un default americano sarebbero «davvero catastrofiche») le posizioni dei due partiti a Washington si allontanano invece di avvicinarsi. Si tratta, comprensibilmente, di schermaglie politiche, ma la posta in gioca è enorme: per dare un’idea delle dimensioni della partita, basta ricordare che l’Amministrazione ha un piano di riduzione dei costi di quattromila miliardi di dollari nei prossimi dieci anni.

Lo «speaker» repubblicano della Camera John Boehner ha annunciato il suo ritiro dal tavolo delle trattative a meno di ventiquattr’ore da un vertice già organizzato per ieri tra Obama e gli speaker di Camera e Senato. «Malgrado i sinceri sforzi intrapresi per arrivare a una posizione comune, la Casa Bianca non intende perseguire un accordo per una maggioreriduzione del debito senza aumenti delle tasse» ha dichiarato Boehner, che ha indicato come via maestra quella di privilegiare i tagli di spesa già identificati nei precedenti negoziati guidati dal vicepresidente Joe Biden.
In ballo ci sono programmi di welfare che Obama giudica fondamentali. I negoziatori repubblicani avevano chiesto una drastica riduzione di Medicare e della Social Security, passi che il presidente democratico avrebbe preso in considerazione solo in cambio di aumenti dei prelievi fiscali: 800 miliardi in più, provenienti in larga misura dalla cancellazione dei tagli per le fasce più alte di reddito introdotti da Bush e rinnovati lo scorso anno da Obama.
Boehner punta a «misure di minor impatto», riducendo l’ammontare dei risparmi dello Stato a 2000 miliardi di dollari in dieci anni, in base a quanto ipotizzato da Biden insieme a un gruppo di deputati di entrambi gli schieramenti. Piano che tuttavia non era stato definito nei dettagli in seguito all’abbandono dei lavori da parte dei repubblicani, sempre per la questione delle tasse.

«Non possiamo chiedere alla classe media e agli anziani di farsi carico di tutto il peso dei maggiori costi e dei tagli di bilancio. Abbiamo bisogno di un approccio equilibrato che chiede ai più benestanti un interesse speciale per pagare la loro giusta quota, e crediamo che gli americani siano d’accordo», ha replicato il direttore della comunicazione della Casa Bianca, Dan Pfeiffer.

Obama, insomma, non intende cedere: è convinto che un accordo sull’aumento del tetto del debito (attualmente fissato a 14.300 miliardi di dollari) alla fine si troverà nonostante il passo indietro dei repubblicani. Il segretario al Tesoro Timothy Geithner (che si sforza di mettere la sordina alle voci su una sua imminente rinuncia alla carica) ha insistito sul punto che il presidente considera essenziale: l'Amministrazione vuole cercare «un accordo il più grande possibile» sulla riduzione del debito. Geithner ha ribadito nel corso del programma «Meet the Press» della Nbc che il raggiungimento di un accordo richiede compromessi da entrambe le parti. Il presidente aveva comunque in programma per ieri sera (ieri notte in Italia) alla Casa Bianca esponenti di entrambi i partiti per colloqui sul debito.
Il rischio che la politica americana manchi l’obiettivo di impedire un default del debito Usa implica conseguenze molto serie, che non riguardano soltanto gli Stati Uniti. La già citata Christine Lagarde si dice certa che sia assolutamente da scongiurare perché «comprometterebbe di certo la stabilità non solo dell’economia americana ma dell’economia globale». Lagarde «non immagina neanche per un secondo» che gli Stati Uniti possano fare default ma ammette che il Fmi è «preoccupato» e che spera in un accordo sull’aumento del tetto del debito prima del 2 agosto. «Un default sarebbe uno shock - spiega -, causerebbe un aumento dei tassi di interesse e i mercati azionari cadrebbero a picco».

Intanto nuove pressioni rischiano di rendere

ulteriormente complicate le trattative: Moody’s ha avvertito che alla metà di luglio potrebbe mettere sotto osservazione il rating AAA degli Stati Uniti per un possibile downgrade in mancanza di una risposta positiva sul debito.

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