Oddio, quanto sono kitsch i nostri salottini letterari

Avete fatto caso a quanto i nostri premi letterari siano sempre dati a romanzi provinciali, regionali, sociali, generazionali, impegnati nel cambiare il mondo o più generalmente il proprio campanile o peggio ancora il proprio io?

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Avete fatto caso a quanto i nostri premi letterari siano sempre dati a romanzi provinciali, regionali, sociali, generazionali, impegnati nel cambiare il mondo o più generalmente il proprio campanile o peggio ancora il proprio io? Di cui già dopo un mese nessuno si ricorda più. In compenso Ken Follett continua a vendere thriller di trent'anni fa, senza considerare l'immenso Stephen King, e siamo sicuri che non siano meno profondi di ciò che viene spacciato per letteratura, a tal punto che gli autori devono sbattersi a usare la lingua più per ingraziarsi il demi-monde letterario che nelle loro operine?

Il nocciolo del problema l'aveva individuato benissimo Dwight McDonald, quando identificò la spazzatura culturale nel Midcult, ossia in ciò che non è romanzo di massa, popolare, ma neppure letteratura alta (Highbrow). In realtà è il kitsch, di cui negli anni '60 parlò anche Umberto Eco, ossia un prodotto medio che vuole spacciarsi per cultura alta. Cultura alta che da noi è sempre rimasta fuori dal circuito di premiopoli, riservato a chi dopo anni trascorsi a farsi amicizie dovrà pur essere premiato almeno per quello. Né un Aldo Busi né un Alberto Arbasino sono mai stati degni di uno Strega, ma in fondo non ne avevano bisogno, anzi sarebbe stato quantomeno offensivo (Moresco ci provò, restandoci male).

D'altra parte c'è tutta una cricca di piccoli snob che credono di essere cultura alta magari perché frequentano i critici, Andrea Cortellessa o simili. Ogni tanto li candidano, loro sbandierano la candidatura, ma si fermano lì. Autori di romanzeria che non cambia niente nella letteratura, magari contrari perfino alla trama (come Gilda Policastro, che è rimasta al Gruppo 63 e però ci prova, a scrivere romanzi papabili, l'ultimo è stato candidato allo Strega e lei l'ha sbandierato ovunque, salvo essere fatta fuori subito, lamentandosene ovunque) semplicemente perché non ne sanno costruire una, anche perché altrimenti ci leggiamo il Finnegans Wake e festa finita.

Tuttavia la puzza sotto al nasino gli resta, ai Midcult felici e agli sfigati aspiranti Midcult: i romanzi popolari neppure li vedono ma si sentono superiori. In cosa? C'è popolare e popolare, ovviamente, ma di certo non punta a annoiarti con il proprio ombelico e è onesto. C'è più letteratura negli shopping di Sophie Kindella che nei piagnistei della Parrella. Tanto onesto che neppure Stephen King si monta la testa sui propri testi pensando di rivaleggiare con Proust o Flaubert.

Un esempio tra tutti: credo che Origin di Dan Brown sia uno dei romanzi più importanti degli ultimi anni. Per costruzione, per visione del mondo, per conoscenze scientifiche non vecchie di due secoli messe dentro una macchina narrativa impeccabile. Molto più importante de Le particelle elementari di Houllebecq ma scritto perfino meglio (leggere per credere). Oltretutto per niente consolatorio, come ci si potrebbe aspettare da un best seller annunciato.

Immaginate se quel libro lo avesse scritto José Saramago: avrebbero tutti gridato al capolavoro. Ma siccome è Dan Brown i fighetti non lo leggono. Meglio Gli spatriati di Mario Desiati, la solita minestrina da servire all'ospizio degli amici della domenica.

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