Udine - Chissà se qualcuno glielo ha sussurrato all’orecchio. Chissà se qualcuno capisce. Chissà se almeno uno di questi vecchietti, che hanno perso le tracce della loro esistenza e si ritrovano adesso qui, nel reparto Alzheimer della «Quiete», si rende conto, o sospetta ciò che accade e, soprattutto accadrà da qui a poche ore, venti metri più in là, nella camera 11. La camera di Eluana Englaro.
Lo sguardo fisso nel vuoto, gli spettri che si aggirano per questo corridoio, poco importa se su una carrozzella o tenuti per il braccio dalle infermiere, sono forse anche più spettri di Elu. Anche se al contrario di lei, hanno perso solo il filo della vita e non la certezza di restare in vita, fin che Dio vorrà. Elu invece è incatenata a quel letto di legno chiaro, recintata da quelle pareti gialline che invece di rasserenare, di rilassare, ti colpiscono come un pugno allo stomaco non meno di quelle luci fioche. Disperatamente fioche. In cui sembra ci provino gusto a passeggiare avanti e indietro i volontari dell’équipe che contribuirà a darle la morte. Ieri il rituale dell’équipe è andato avanti in fotocopia: l’hanno lavata, toelettata, pettinata. Con amore, forse. Ma oggi. Oggi e da oggi le cose cambieranno. Elu imboccherà la strada, imposta dalla sentenza di morte.
Lo conferma senza tradire emozioni, senza sobbalzi nella voce e nello sguardo, l’unica persona che è venuta ieri a farle visita alla «Quiete», il neurologo Carlo Alberto Defanti, che ha in cura Eluana dall’incidente stradale del 1992 che l’ha ridotta nello stato in cui si trova. È rimasto oltre un’ora Defanti nell’istituto geriatrico udinese. Ha visitato Eluana, poi è passato nella stanza accanto, quella che è stata messa a disposizione dei volontari e dell’équipe, e ha telefonato al professor Giandomenico Borasio. Poco più di cinque minuti di conversazione, lontano da orecchie indiscrete, che sono sembrate soltanto l’ennesimo scambio di opinioni con l’amico e collega, ordinario di cure palliative all’università di Monaco di Baviera. Il medico e ricercatore che ha peraltro collaborato con lui e con il dottor Amato De Monte a definire l’ormai tristemente famoso «protocollo di attuazione».
Quindi, all’uscita dalla clinica di via Sant’Agostino, il dottor Defanti ha distillato poche battute che non hanno lasciato molto margine alla libera interpretazione dei giornalisti in attesa: «Le condizioni di Eluana sono stabili». In altre parole è la stessa Eluana di sempre, da diciassette anni a questa parte. La stessa Eluana che le suorine di Lecco hanno accudito e avrebbero voluto accudire ancora. Fino all’infinito. Invece. Invece conferma lapidario Defanti: «La sospensione della nutrizione artificiale ad Eluana comincerà, come stabilito domani» cioè oggi per chi legge.
«La nutrizione verrà ridotta del cinquanta per cento - precisa - e poi, gradualmente, si
interverrà con altre riduzioni dell’alimentazione e dell’idratazione». E se, nel frattempo, sopraggiungesse qualche fatto nuovo a impedirvi di procedere? «In quel caso non potremmo fare altro che fermarci, ovvio». Già, ovvio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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